Sei in > formaggio.it > Michele Grassi > È giunta l’estate
Pare che in estate tutto si fermi, vuoi per il caldo, per le ferie, per una sorta di pensiero che in luglio e agosto la “macchina uomo” debba per forza rallentare. È proprio così, i mesi estivi sono considerati il lungo periodo della calma, della possibile sosta per riposare dal lavoro, dei viaggi.
Se non altro, chi lavora in città ha la possibilità di uscire dalle mura per recarsi in spiaggia o in montagna e godere, non solo del meritato riposo, ma anche della natura, della gastronomia, o semplicemente del dolce far niente.
Non tutti però possono permettersi il “fermo lavoro” vi sono attività che in estate raggiungono l’apice del lavoro, anche se non si occupano di turismo, balneazione o altro legato alla stagione delle ferie.
Per entrare nel merito delle professioni che non concedono ferie, possiamo fare riferimento, senza alcun dubbio, al lavoro dell’allevatore, che, soprattutto nel periodo estivo deve continuare a curare gli armenti.
Ma se parliamo dell’allevatore di animali che seguono la transumanza, allora quest’antico mestiere non sono non concede interruzioni ma diventa più impegnativo proprio nei mesi estivi.
Salire le montagne, seguire le nascite sul pascolo, mungere e fare formaggio, al più delle persone che osservano pare un mestiere da favola, un lavoro appassionante che concede al pastore di vivere nella natura contaminata e quindi di godere le proprie ferie lavorando.
Non è così. L’uomo che si prodiga di lavorare in montagna ha scelto una vita molto faticosa, carica di problemi legati agli animali naturalmente, ma anche per le condizioni climatiche, le dinamiche di un gregge o di una mandria che tutti i giorni deve seguire e controllare, consapevole delle difficoltà, dei pericoli, e anche dei giusti controlli che le istituzioni svolgono periodicamente.
Vita d’alpeggio, dura e difficile.
Il pastore o il mandriano spesso diventano casari in alpe, nelle struttura di una malga, agli stazzi o direttamente sul pascolo, magari al riparo di una tenda o di una tettoia dove, la legna per il fuoco, il paiolo e tutte le attrezzature che servono devono essere trasportate a dorso di mulo o addirittura a spalla. 
Sembra di parlare di un lavoro d’altri tempi, in realtà esistono ancora pastori e mandriani che seguendo gli animali, anzi guidandoli, provvedono a fare formaggi con latte appena munto, coagulato con caglio spesso aziendale, e… basta.
Tutto qua, un formaggio che viene a volte cotto nella caldera con la forza del fuoco a legna ed estratto a mano con teli di lino, posto nelle fascere o nei canestri di giunco e, se opportuno, pressato con le mani o con l’utilizzo di grossi sassi.
Tutto ciò diventa il ritorno alla storia?
No, la storia passata è passata, ora si sta provvedendo a fare la storia, oggi, con le forze di oggi, con la volontà di uomini che stanno vivendo oggi, insomma la storia che continua ma con motivazioni diverse, non solo alimentarsi o guadagnare per vivere, ma produrre, produrre un formaggio di qualità con caratteristiche intrinseche del territorio di origine.
Il formaggio che si ottiene in alpe, deve assumere le caratteristiche organolettiche del latte generato da animali che hanno potuto scegliere liberamente le erba di cui cibarsi.
E qui si fa davvero la storia, quella di formaggi di altissimo valore nutrizionale e gustativo.

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