Sei in > formaggio.it > News > Economy > L’Editoriale / Accordo Ue-Canada: perché Asiago, Fontina e Gorgonzola non ci stanno

Le tre Dop contestano in particolare l’utilizzo del termine “Italian Style” che darebbe ai canadesi la possibilità di commercializzare “furbescamente”

di Giovanni Bertizzolo

In ballo c’è sempre la salvaguardia delle Dop casearie al di fuori del mercato europeo. O meglio, la valorizzazione delle Dop. Cioè la certificazione di una qualità imprescindibile da precisi dettami produttivi. Sia che si tratti del Ttip (trattative Usa-Ue), sia del Ceta (accordo di libero scambio tra Ue e Canada), in gioco ci sono reputazione ed export-business. Ma se sul primo la strada da percorrere è ancora lunga, per il Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) il percorso è già tracciato. Ma è un percorso che non convince.

Una firma al vertice bilaterale di Ottawa aveva a suo tempo siglato la conclusione del negoziato (il primo con un Paese del G8) per la creazione di un’area di libero scambio.
L’accordo commerciale, considerato pilota rispetto a quello con gli Stati Uniti, prevede che vengano aboliti circa il 98% dei dazi esistenti tra il Canada e l’Unione Europea, secondo partner commerciale del Canada dopo gli Stati Uniti. Un’occasione di crescita commerciale e di investimenti, creando occupazione.

Per alcuni produttori di formaggi Dop italiani, però, il Ceta andrebbe rivisto per garantire una maggiore protezione.
L’approccio generale, dicono gli operatori in questione, è positivo e crea un varco potenzialmente utile anche in altre sedi negoziali presenti e future. Ciò nonostante, contestano il trattamento cui sono sottoposte le eccezioni Asiago, Fontina e Gorgonzola, sia nel merito (risultato non soddisfacente), sia nel metodo (senza aver consultato i beneficiari). Per queste tre denominazioni, stando alle contestazioni, sono previste solo concessioni e nessun tipo di beneficio, comportando un forte pregiudizio alla commercializzazione in Canada.
Come modificare il testo del Ceta? Queste le proposte.

1) L’utilizzo dei termini Italian Style a fianco delle denominazioni Asiago, Fontina e Gorgonzola deve essere totalmente precluso. La concessione dovrebbe essere limitata ai soli termini “style” o “kind”, specificando che dovrebbero comunque avere caratteri di dimensioni uguali o maggiori rispetto alle denominazioni.
2) In merito alla possibilità di utilizzare le denominazioni in oggetto concessa ai produttori canadesi, è indispensabile fare riferimento alla data di inizio dei negoziati e non alla data dell’accordo politico indicata attualmente nel testo (18 ottobre 2013), tra le quali intercorre un periodo di ben cinque anni. Il principio, se così adottato, potrebbe creare un pericolosissimo precedente a danno degli ulteriori negoziati in corso (con Stati Uniti, Cina, Giappone, Mercosur).
3) Da un punto di vista generale, non è chiaro se gli accordi prevedano la revoca o almeno una forte apertura sul fronte delle quote, che attualmente limitano l’accesso dei nostri prodotti. Questa appare essere una condizione fondamentale affinché i benefici del negoziato siano tangibili sul fronte commerciale.

In poche parole, si vuole rivedere la possibilità per i produttori canadesi di utilizzare queste denominazione a partire dalla data di inizio dei negoziati, inoltre ogni riferimento all’Italia (per le produzioni canadesi) va bandito, in quanto genererebbero confusione con i formaggi canadesi sia sul mercato Nord Americano, sia su quello internazionale.
La sostanza è: il nostro prodotto non è replicabile ed è inutile che gli americani cerchino scappatoie per copiare.
La partita entra nel vivo.  Il risultato resta incerto.

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