Sei in > formaggio.it > Michele Grassi > Il Fiore Sardo, formaggio dei pastori che fa bene anche allo spirito

Com’è noto, la Sardegna è la regione che rappresenta più di tutte le altre italiane la produzione di latte di pecora. Da sempre il territorio dell’isola è caratterizzato da una morfologia particolare, dalle coste frastagliate e rocciose alle colline e alle montagne, che nel Gennargentu superano i 1800 mt sul mare. Un territorio dunque anche selvaggio, con prevalente presenza vegetale di macchia mediterranea, idoneo al pascolo delle pecore, di razza Sarda, naturalmente. Una razza talmente apprezzata che ora viene allevata in tutta l’Italia appenninica, dalla Toscana, dove prevale, alla Calabria.

E’ quindi ovvio pensare che il latte ovino in Sardegna sia un valore economico non indifferente visto che conta quasi il 60% della produzione nazionale ed è la regione più rappresentativa a livello europeo.

Con il latte di pecora, in Sardegna, quindi non si scherza. E allora da sempre sono presenti molti formaggi storici che la tradizione ha saputo mantenere tali e che oggi sono un valore molto elevato all’interno della cerchia dei Dop europei. 

Il Pecorino sardo Dop, il Pecorino Romano Dop. e il Fiore Sardo Dop. sono le vere carte di identità del settore caseario della regione isolana. Fra questi c’è un formaggio del pastore, (Presidio Slow Food), il Fiore Sardo, che viene proprio fatto in azienda, accanto alle pecore. Si narra che risalga all’età del Bronzo. È uno dei più conosciuti formaggi sardi e porta questo nome perché in passato si usava un coagulante vegetale, forse ottenuto dal fiore del cardo…… (formaggio.it).

È un formaggio strabiliante anche solo per la tecnica con cui viene fatto, da latte crudo, ovviamente, e da pasta cruda. Per pasta cruda s’intende quella fase tecnologica, successiva alla rottura della cagliata, che non implica alcun riscaldamento della cagliata stessa. È un po’ un controsenso perché solitamente per fare formaggi a pasta dura si deve cuocere o almeno semicuocere la cagliata rotta. In questo caso non avviene, ma il formaggio risulta comunque a pasta dura.

Una pasta untuosa, di colore variabile, dal bianco al paglierino tendente al grigio, compatta con rada e minutissima occhiatura, se è presente. La forma, nel migliore dei casi è bi-tronco-conica, come i contenitori che vengono utilizzati per formare appunto il formaggio. La crosta è dura, molto scura a volte tende al nero, ma c’è una ragione, il formaggio rimane a maturare per un po’ di tempo nella stessa sala di trasformazione dove un bel fuoco a legna riscalda il latte e inevitabilmente provoca fumo, quel fumo che oltre a donare colore al formaggio lascia l’odore e l’aroma inconfondibile alla pasta.

Un formaggio antico, buono, sano che non può altro che far bene, anche allo spirito.

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