Sei in > formaggio.it > Aldo Lissignoli > Rappresentazioni del formaggio dal Medioevo al Seicento

L’avventura del formaggio nel lungo periodo che va dall’inizio del Medioevo fino al XVII secolo è controversa e molto difficile.

Sebbene infatti la materia prima da cui trae origine (il latte) fosse considerata addirittura un farmaco, la stessa sorte non toccò al nostro protagonista. Così trattati, discorsi e lezioni di medici e gastronomi del tempo avevano come scopo quello di dimostrare la sua correlazione con numerose malattie che affliggevano il corpo umano.

Occorre ricordare però che i formaggi vaccini si diffusero solo successivamente; per molto tempo il latte di pecora e capra furono le uniche fonti da cui produrre il formaggio.

Solo verso la metà del Quattrocento Pantaleone da Confienza con il suo trattato “summa lacticinorum” diede ai formaggi la giusta e meritata importanza. Fu l’inizio di un processo di cambiamento culturale e intellettuale nei confronti di questi prodotti.

Nonostante queste “diffidenze culturali” da parte di accademici e medici durate secoli, il formaggio di fatto veniva consumato da tutti i ceti sociali, ovviamente era il modo di consumarlo a fare la differenza. Più precisamente: da un lato gli abbinamenti erano i veri discriminanti (“al contadino non far sapere quanto è buono il cacio con le pere”), mentre dall’altro lato anche le tipologie di formaggio. L’arte documenta in modo formidabile tutte queste differenze, come nel caso della Ricotta, esempio di latticino ampiamente consumato dal popolo, come dimostra Vincenzo Campi nel suo quadro “I mangiaricotta”, 1585 circa.

llustrazione da Tacuinum Sanitatis

llustrazione da Tacuinum Sanitatis

La prova che fosse consumato da ceti diversi la troviamo, oltre al proverbio che ho appena citato, negli affreschi quattrocenteschi e cinquecenteschi che mostrano le varie tipologie offerte dai venditori.

Se volessimo poi indagare sulle modalità di produzione, troveremmo numerose opere che illustrano bene le diverse fasi della lavorazione e i rispettivi sistemi di conservazione.

Spesso poi le rappresentazioni pittoriche sono dei veri e propri viaggi nelle tipicità regionali, soprattutto nelle opere seicentesche, come quella di Giovanna Garzoni, “Il vecchio Artimino”, 1648-1651, Firenze, Galleria Palatina.

Giovanna Garzoni, “Il vecchio Artimino”,

Giovanna Garzoni, “Il vecchio Artimino”

Nell’opera la composizione celebra i prodotti locali della campagna intorno alla villa medicea di Artimino.

Attraverso questo viaggio ho voluto dimostrare brevemente come l’arte medievale e quella successiva fino al Seicento non abbia solo discriminato o ghettizzato il formaggio ma anche e soprattutto documentato e  testimoniato diverse realtà e tipicità ma anche usi e destinazioni “gastronomico-culturali”.

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