Quando ci si inoltra nel mondo della monticazione si viene a conoscenza di problematiche che spesso lasciano perplessi, incapaci di capirne le motivazioni.  È capitato e capiterà ancora che pur di ottenere sovvenzioni, a volte della Ce, si decida di trascurare l’aspetto più importante, la finalità dell’opera che si va a modificare.

Il caso vuole che molte realtà rurali, parlo in particolare di malghe, siano state ristrutturate solamente perché si è potuto reperire soldi pubblici, senza tener conto della reale destinazione delle strutture interessate. Capita che venga ristrutturata la stalla e la casa del malgaro con il vincolo che per un determinato numero di anni, solitamente attorno ai 20, non si possano sviluppare le finalità che una malga conserva da secoli. 

Così può capitare di vedere una malga che ha subito una ristrutturazione eccellente, ma che non può, nel rispetto delle disposizioni che hanno permesso l’utilizzo di fondi pubblici, monticare le vacche allo scopo di fare formaggio. Un altro caso, ancora più clamoroso, è che, dopo aver ristrutturato in modo impeccabile, una malga la si sia attrezzata per fare formaggi a pasta molle. Un controsenso.

Così come mi è capitato di trovare nel piccolo locale adibito alla trasformazione del latte una polivalente sopraelevata con tanto di pedana. Ciò nonostante non sono riuscito a lavorare il latte perché lo spino batteva il soffitto. Sono rimasto un po’ perplesso e un po’ arrabbiato.

Questi fatti sono determinati dall’incapacità di alcune amministrazioni di comprendere il vero valore del lavoro del casaro, del malgaro, del pastore. Un lavoro che insegna la vita, che prepara le nuove generazioni al sacrificio e che concede al consumatore la possibilità di mangiare veri formaggi.