Sei in > formaggio.it > Michele Grassi > La pastorizia, un’attività indispensabile alla natura

Il mese di marzo segna in qualche modo il termine dell’inverno, o, almeno, in questo periodo avvengono le prime trasformazioni della natura. Alcuni alberi germogliano, le erbe iniziano a inverdire e molti fiori appaiono. Un risveglio naturale che vede anche altri segnali: le prime fasi della transumanza. Certo, sulle Alpi e anche sugli Appennini, dai 1000 metri sul livello del mare in su c’è ancora tanta neve, ma in pianura e in molti fondi valle appare il verde primaverile.

È giunto il momento di riscaldare le gambe, sia quelle dei pastori, che peraltro le hanno sempre in movimento, sia quelle degli animali, le pecore e le capre. Spesso per giungere ai pascoli alti occorrono settimane, o addirittura alcuni mesi, perché le distanze da percorrere sono enormi, come grandi sono i dislivelli da superare. Allora marzo è un buon mese per iniziare, certamente per prepararsi e in alcuni casi anche a muoversi.

Gli ovili sono pressoché stabili nelle pianure e le pecore si muovono con grande calma, brucando su qualche argine o qualche campo non coltivato, e mangiando le erbe che trovano e che pur nella scarsità, selezionano. Da qualche mese stanno figliando, stanno partorendo le primipare e anche quelle che hanno già avuto esperienza, di mamma, ma ora si sta raggiungendo il periodo migliore sia per il numero di cuccioli che si appresta a nascere che per la quantità di latte che le lattifere stanno per concedere ai loro figli ma anche al pastore che provvederà alla trasformazione. 

Certo è che le pecore fremono per andare sugli stazzi estivi, solitamente a quote elevate, un po’ meno i pastori che rimarrebbero ben volentieri a fondo valle se vi fosse sufficiente alimentazione.  Una verità è che la pastorizia è un mestiere duro segnato da fatiche inenarrabili, da orari impossibili, da forti preoccupazione per la salute degli animali e da poche soddisfazioni economiche. Ma la vita in libertà è autentica, rara e bella. Al di là delle fatiche il pastore vive il mondo, vive in mezzo agli animali che ama, se non fosse così non si preoccuperebbe per loro, e comprende bene la natura e le sue problematiche. Ecco quindi un mestiere ecosostenibile per davvero. Senza la pastorizia, così come senza le vacche al pascolo, il territorio diventerebbe un impressionante bosco e questo non è sempre un bene per la natura.

Il pascolo quindi, quel territorio isolato, alto, verdeggiante che permette non solo alle pecore e alla capre di alimentarsi, ma anche agli animali liberi, selvatici, come i caprioli, i cervi le marmotte, vere pulitrici delle praterie, e tanti altri erbivori che devono essere tutelati anche nell’alimentazione naturale derivante dai vegetali.

Un pascolo che nutre e che ci concede il miglior latte da formaggio e quindi il miglior formaggio. Ma senza il rispetto della natura anche il pascolo può essere danneggiato o addirittura distrutto. Ecco allora che pastori e malgari non hanno solo il compito di alimentare gli animali a loro affidati, ma anche quello di salvaguardare la montagna, di fungere anche da controllori di ciò che accade nei boschi e nelle distese erbose. Hanno anche la mansione di pulitori del sottobosco, per eliminare le pietre superflue, migliorare il flusso dei ruscelli, accatastare il legname e tante altre mansioni che solo chi vive in alpeggio può effettuare.

Tutto ciò è a beneficio della montagna e dell’uomo, non solo del pastore. E il beneficio maggiore, per noi malati di formaggio, è proprio il risultato della trasformazione del latte che viene giù dai monti, spesso trasformato proprio sui monti. Un formaggio sano, se la natura è sana, un formaggio sano e buono perché deriva da animali sani, un formaggio buono perché il pastore e il malgaro sanno rispettare la natura.
La pastorizia, un’attività davvero indispensabile alla natura.

 

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