Sei in > formaggio.it > Aldo Lissignoli > Il latte nell’arte, il forte rapporto con l’uomo

Il latte, come tutti sanno, è la materia prima da cui, in numerosissime varianti, si ricava il formaggio. Il legame esistente tra i due non si realizza solo dal punto di vista produttivo, ma anche e soprattutto culturale e sociale. I formaggi in fondo nascono dalla volontà di avere il latte sottoforma di nutrimento anche quando questo, per motivi climatici, non è disponibile.

Di questa esigenza primaria l’uomo ne ha fatta virtù attraverso un processo culturale impervio e non privo di difficoltà, che spesso ha messo alla prova la sua capacità di adattarsi alle leggi della natura.

Il profondo legame esistente tra i due si è tradotto, nel corso della storia, nella presenza del latte nella mitologia e nell’arte, fin dai tempi remoti. Nei miti e nelle storie legate all’origine delle divinità,  il latte è presente come protagonista e come mezzo fondamentale di sostentamento e al tempo stesso come dono prezioso, chiara connessione ai miti ancestrali legati alla fertilità.

Molte divinità sono state nutrite dal latte, pensiamo alla religione egizia oppure a quella induista. Esso è presente anche nella Bibbia ed  è collegato a differenti aspetti: se da un lato infatti spicca nei divieti alimentari “non cuocerai il capretto nel latte di sua madre” (Dt  41, 21), esso è anche un dono o un premio per l’uomo: la Palestina, ovvero la terra promessa, è anche chiamata nelle scritture “la terra dove scorrono latte e miele” (Lv 20, 24; Ex 3,8). Nell’esegesi biblica, inoltre, esso è sinonimo della maturità, ma anche della natura dell’essere umano e l’insegnamento evangelico;  il suo candore è sinonimo di innocenza e delle azioni buone. Tutte queste premesse non poterono non influenzare anche la pittura medievale di matrice religiosa: molte icone e affreschi hanno come protagonista la vergine che allatta o che fa cadere gocce di latte su altri soggetti presenti nell’opera.
Questo ultimo aspetto assume due significati distinti: se il soggetto è un santo il gesto ha la funzione di presentarlo ai fedeli e affermare come, per sua intercessione, si possa arrivare alla Vergine e quindi a Dio; se invece nell’iconografia le gocce di latte cadono sulle anime del purgatorio, il significato è la redenzione che si ottiene pregando la Vergine e in virtù del fatto che Essa, madre del Cristo e “nuova Eva”,  cancella il fardello del peccato dall’uomo.

Dal 1300 in poi la rappresentazione della Madonna assume forme più realistiche. Leo Steinberg, critico d’arte americano (9 luglio 1920 – 13 marzo 2011) sosteneva che l’esposizione del seno e la sua rappresentazione realistica e l’atto d’allattare: “forniva ai credenti l’assicurazione che il Dio attaccato alla mammella di Maria si era fatto uomo e che colei che sosteneva il Dio-uomo, nella sua pochezza, si era garantita infinito credito in Cielo“.

Nei secoli successivi il latte divenne protagonista anche in opere non a sfondo religioso, ma che documentavano istanti di vita, lavori di cucina o, come nel caso della pittura settecentesca, scene raffiguranti un mondo in cui l’antico e armonioso rapporto uomo-natura era ristabilito (le pastorellerie).

Nella pittura ottocentesca il latte divenne uno degli elementi di indagine e di documentazione della realtà e più in generale del mondo rurale. Esso è stato anche protagonista, direttamente o indirettamente, di lavori di artisti a noi non molto distanti come Chagall,  lo scultore americano Alexander Calder o Andy Warhol, segno che in fondo, il rapporto millenario tra latte e uomo è fortunatamente ancora ben saldo.

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