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In una delle dediche che ho scritto nel mio ultimo libro Aroma, manuale dei formaggi D.O.P. italiani, avevo auspicato che alla mia nipotina, in procinto di nascere, potesse, una volta cresciuta, piacere il formaggio. Ciò, a distanza di ormai tre anni, è avvenuto e Alice mangia il formaggio come fosse il suo unico alimento.
Grande è chiaramente la mia soddisfazione. 

Negli ultimi anni, mi sono trovato spesso ad affrontare il problema formaggio quale alimento degli infanti, i bimbi piccolini. Oggi le famiglie sono portate a includere nell’alimentazione dei bambini alcuni formaggi specifici come per esempio il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, le due D.O.P. italiane a pasta dura, tipo grana. Questi formaggi vengono proposti, per ovvie ragioni legate alla grande digeribilità, per il contenuto limitato di grasso, ma soprattutto per il loro valore energetico. Dicevo, questi formaggi vengono miscelati alle classiche “pappine” già dai sei mesi di età, quando il piccolo inizia il vero e proprio svezzamento.

Poi accade spesso che, al termine della somministrazione di questi formaggi ovvero quando il bambino è in grado di masticare, a questi formaggi ne vengono aggiunti altri, i formaggini.
Certo che passare dai formaggi a pasta dura, anche se grattugiati, ai formaggini il passo è a ritroso.
E poi s’inizia con gli stracchini e i formaggi a pasta molle in generale. Ma il bambino apprezza davvero questi formaggi? E se li apprezza non è perché non conosce altro che formaggi dall’aroma quasi inesistente?

Sono convinto di sì. Spesso in malga quando al consumatore faccio assaggiare un pezzetto di formaggio, tendo sempre a servire prima i bambini, i figli dei potenziali clienti. E, spesso, il genitore, è titubante a che il loro figlio assaggi un formaggio dall’elevata sensazione gustativa e dall’aroma che quasi sempre ricorda l’animale. 

Ma lo stupore giunge quando il bambino, rivolgendosi a me, dice, “me ne dai un altro pezzetto?”In realtà il bambino è portato, più dell’adulto, a gustare prodotti saporiti, intensamente aromatici, tanto che, nel formaggio, trova il desiderio di mangiarne sempre. Il bambino ha anche un’altra dote, che purtroppo con il tempo e “l’educazione” perde, quella di usare il senso dell’olfatto. Provate, e mi rivolgo ai genitori che hanno bambini piccoli, ad osservare il vostro cucciolo quando mangia o meglio prima di iniziare a mangiare. Inconsapevolmente osserva l’alimento che ha nel piatto e, a volte storce il naso, o si accanisce subito a mangiare. 

Ha annusato, ha capito che ciò che gli si sta propinando è piacevole o spiacevole. Ha giudicato. Ma se abituiamo il bambino a prodotti insipidi, poco aromatici e strutturalmente deboli, gli togliamo non solo il gusto di mangiare ma anche la capacità futura di diventare un buongustaio.

Ecco allora che una buona alimentazione, determinata anche dal consumo di formaggi di ogni tipo, soprattutto quelli ben stagionati e aromatici, concede al bambino valori nutritivi importanti e tanto tanto piacere, perché i piccoli sono, diversamente da quanto si possa credere, estimatori di ciò che mangiano.

Abituiamo i nostri figli ai veri sapori della tavola, insegniamo loro che nel nostro Paese ci sono centinaia di formaggi uno diverso dall’altro e diamo loro la possibilità di mangiare anche i formaggi a latte crudo, sono buoni, fanno bene e concedono al bambino gli anticorpi che lo aiutano a crescere in modo sano.

Una replica a “I bambini e il formaggio, un rapporto tutto da scoprire”

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