Sei in > formaggio.it > Aldo Lissignoli > Formaggio e guerra, tra sopravvivenza e scoperte gastronomiche

Probabilmente è scontato affermare che la guerra modifichi le abitudini di vita della popolazione di un Paese, ne sconvolga il normale corso e gli aspetti che di essa fanno parte. Non appare altrettanto immediato tuttavia che essa sconvolga le abitudini alimentari di un numero elevato di persone, facendo utilizzare prodotti che prima avevano usi marginali sia dal punto di vista sociale che alimentare.
Questo vale non solo per le guerre che sconvolsero il mondo il secolo scorso, ma per tutte le guerre della storia. Il formaggio ha svolto innegabilmente un ruolo cruciale sia durante il conflitto, sia nel periodo post bellico. Potremmo quasi affermare che il detto “fare di necessità virtù” trovi in questo caso un esempio chiaro ed inequivocabile. Alcuni tipi di formaggi o alcuni piatti tipici sono nati a causa della guerra, con modi e attraverso situazioni assai diversi.

Mi viene in mente il Pecorino di fossa, nato dall’esigenza della popolazione povera di nascondere le derrate alimentari durante guerre o epidemie; pratica consolidata già in epoca romana. Una storia simile è quella del formaggio ubriaco, legato agli avvenimenti della Prima Guerra Mondiale. Sembra che questo metodo sia derivato da quanto accaduto nella Trevigiana durante la ritirata di Caporetto: per nascondere i formaggi dall’esercito austro-ungarico, i formaggi vennero nascosti nelle vinacce che erano considerate materiale di scarto e quindi non soggette a controllo da parte delle truppe. Probabilmente i poveri contadini preferirono l’idea di un formaggio alterato nel sapore piuttosto che dover rinunciare ad una delle poche fonti proteiche presenti nella loro già misera dieta. Non si aspettavano di certo che il risultato ottenuto fosse un prodotto dalle caratteristiche sensoriali molto particolari, che oggi riscuote molto successo.

I formaggi erano fondamentali anche per l’esercito che se ne poteva avvalere come cibo non solo perché erano una valida fonte di sostentamento, ma anche perché facilmente trasportabili grazie alla maggiore capacità di conservazione rispetto ad altre derrate (ovviamente in questo caso parlo dei formaggi stagionati). Lo sapevano bene gli antichi Romani, tanto che nella razione giornaliera del legionario era prevista una certa quantità di pecorino. Questa presenza nell’alimentazione militare non mutò secoli dopo, basti pensare che il rancio al mattino del fante durante la Grande Guerra era costituito da fichi secchi o castagne o formaggio o olive e sola acqua.
Come ho già accennato il formaggio è presente in ambito bellico anche attraverso l’elaborazione di ricette da parte della popolazione che utilizzava i pochi ingredienti a disposizione e li trasformava in nuove proposte gastronomiche. Ne sono un esempio le pallottole abruzzesi composte da cacio e uova, piatto d’origine contadina nato durante la Seconda Guerra Mondiale.

Ma il vasto tema di cui parlo in questo articolo è affrontato anche dalla letteratura nelle sue varie forme: poesie, lettere, romanzi offrono spunti di riflessione e analisi del rapporto tra uomo e cibo durante un conflitto, della ritrovata importanza che esso assume nella scala valoriale non solo di un ceto ma dell’intera popolazione. Anche le razzie dei soldati sono ben descritte in molte opere, pensiamo all’opera di Goldoni “La guerra”, commedia di tre parti rappresentata per la prima volta a Venezia durante il carnevale dell’anno 1760. Durante le scena I (atto 2˚) la contadina Lisetta scappa con il suo cesto colmo di uova, formaggio e frutta, inseguita dai soldati che volevano derubarla dei poveri cibi che aveva sottobraccio.

Ma i formaggi entrano anche nelle lettere e nei diari che i soldati scrivevano al fronte, veri documenti non solo della drammaticità della guerra ma dei desideri che essa accende nell’uomo: voglia di casa, quotidianità e, non da ultimo, di pace. Sotto questo aspetto si inseriscono bene i ricordi gastronomici che sfociano nelle descrizioni di ricette e prodotti tipici, angoli di memoria in cui i formaggi trovano un posto importante.
Scoprire questo solido legame culturale e gastronomico in fondo vuol dire non dimenticarsi di un pezzo di storia tragica del nostro Paese e, al tempo stesso, far vivere determinate tradizioni culinarie.

 

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