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I segnali sono timidi, ma ci sono. Nonostante l’improvvisazione dilagante. L’e-commerce è destinato a svilupparsi anche per i formaggi. Ecco perché

di Giovanni Bertizzolo

Gli e-shopper (coloro che fanno acquisti in rete) sono disposti a spendere di più per acquistare i propri prodotti rispetto a chi compra solo off-line, sono più esperti, regalano più spesso ciò che comprano e sono anche più aperti a Paesi diversi.
Parole e musica di vente-privee.com, colosso delle vendite digitali di ogni genere merceologico, capace di concentrare una comunità di 18 milioni di membri sparsi per il mondo.
Basterebbero queste valutazioni per convincere gli scettici a tentare la strada dell’e-commerce nel food & beverage. Invece non è così. Anzi. Prendiamo il comparto più “aperto”, quello dichiaratamente più “evoluto”, quello più venduto: il vino.

In Europa il fatturato delle vendite on line di bevande alcoliche (vino, birra e superalcolici) si aggira attorno ai 240 milioni di euro, per un mercato globale che vale 75 miliardi di euro. Ciò significa che incide per un misero 0,32% (fonte Forrester Research, società statunitense di ricerche di mercato). Non va meglio se allarghiamo gli orizzonti: sono poco più di un milione le bottiglie di vino vendute l’anno scorso attraverso internet in tutto il mondo (fonte Nomisma).
E questo è il top, figuratevi il resto.

C’è però da dire che la tendenza è destinata a cambiare. L’e-commerce è ancora un canale, diciamo così, sperimentale per la commercializzazione del food. Ma è destinato a sfondare, come ha già fatto negli Stati Uniti e in Cina e in settori legati ai servizi (banche, assicurazioni, turismo), all’abbigliamento e al consumo elettronico, dove oggi i mercati li fa internet, capace in breve tempo di annullare gli strumenti tradizionali. E’ una constatazione incontrovertibile. L’e-commerce che oggi magari non cattura, non ispira, non invoglia, domani sarà una delle voci più importanti e rappresentative nella vendita di prodotti agroalimentari nel mondo. Nonostante i problemi tecnici intrinsechi, come il trasporto e relativa conservazione, soprattutto dei prodotti freschi.

Vado ancora più in là. L’integrazione tra e-commerce, mobile, ma anche social network, e l’off-line, se correttamente gestita e indirizzata verso gli ambiti di mercato più vantaggiosi, sarà un fattore determinante per la crescita di un’azienda.
Dite queste cose per campanile, perché con internet ci lavorate, potrebbe essere l’obiezione. No, le diciamo perché lo dicono i numeri. Che sono ancora bassi, a volte bassissimi, ma in progressione. Mese dopo mese. Inesorabilmente. Uno sviluppo che denota un grado di fiducia crescente del consumatore.

Nel rapporto di FriulAdria Crédit Agricole e Fondazione Nord Est sulla situazione del comparto lattiero-caseario a Nord Est, di cui abbiamo già parlato, è stato chiesto agli imprenditori intervistati: “Se l’azienda vende prodotti anche a consumatori finali, che canale usa per arrivarci? Il 33,9% ha risposto negozio aziendale (spaccio o simili); il 4,8% con il porta a porta; il 3,2% per telefono-corrispondenza. Alla voce Internet-sito di terzi, esempio shop.eataly.it di Oscar Farinetti, percentuale pari allo zero. La sorpresa arriva da quanti hanno risposto che vendono attraverso il sito web aziendale: il 4,8%, come il porta a porta. E’ un numero incoraggiante, ma soprattutto rassicura il verificare che diverse aziende sono già attrezzate per vendere nel web. In poche parole, hanno saltato il fosso. Si stanno calando in una nuova realtà.

Un discorso a parte meritano gli store on line che vendono autonomamente più prodotti e più produttori, quelli pari allo zero. In giro c’è ancora molta improvvisazione e poca qualità. Meno nei siti stranieri rispetto a quelli italiani, a dire il vero. Soprattutto mancano gli investimenti importanti che nella conservazione del food sono determinanti (basti pensare alla realizzazione del magazzino merci, magari frigo), ma che pochissimi stanno affrontando. Tra le eccezioni, proprio shop.eataly.it, che non a caso ha scelto di puntare sulla qualità: 2,5 milioni di euro stanziati inizialmente e oggi circa 20 milioni di acquirenti. In generale, c’è ancora un’esigua e raffazzonata offerta. Un limite, in questo momento stprico. Che non facilita l’avvicinamento del consumatore.

La crescita delle vendite on line resta vincolata dagli investimenti dei retailer nell’efficienza del servizio. Laddove c’è, i risultati si vedono. App innovative, piattaforme web sempre più accessibili, prodotti ineccepibili e consegne veloci attraggono nuovi target lasciando intravede ampi margini di sviluppo del canale anche a breve termine.

I 7 fattori chiave del successo di un sito di e-commerce sono

  • investimento nella struttura e nel rapporto col produttore,
  • qualità delle informazioni,
  • varietà dell’offerta,
  • estetica,
  • facilità di navigazione,
  • sicurezza delle transizioni e della privacy,
  • interattività e affidabilità.

Shop.eataly.it si inserisce in un mercato di vendita online in crescita del 18% nel 2013 rispetto al 2012, che l’anno scorso ha chiuso con un giro d’affari compreso fra 11 e 12 miliardi di euro. Gli e-shoppers hanno raggiunto la cifra notevole di 14 milioni per la convergenza di diversi fattori. In primo luogo, l’evoluzione tecnologica degli strumenti impiegati.

Più di 30 milioni di italiani, infatti, nel 2013 possedevano uno smartphone,  ben il 73% di questi lo usavano per navigare. Oltre il 10% degli acquisti del food on line sono avvenuti con smartphone o tablet, percentuale più che raddoppiata rispetto al 2012.

Eppure il food resta negli ultimi posti delle categorie vendute, a dispetto dell’eccellenza riconosciuta a livello mondiale dei nostri prodotti. Complice, oltre alla famigerata diffidenza legata all’uso dei pagamenti elettronici, la propensione dell’italiano medio a voler toccare con mano il prodotto che dovrà mettere in tavola. Poi c’è la paura di incappare in prodotti contraffatti, non affidabili. E qui cadiamo nel paradosso. Al contrario, questa motivazione dovrebbe essere un motivo di persuasione. Prendiamo la tracciabilità dei prodotti. Chi può garantirla al consumatore meglio del web? Impiegando, ad esempio, l’etichettatura QR code. Un riquadro nel sito web del prodotto che stiamo comprando, potrebbe contenere tutte le informazioni relative, dalla nascita alla spedizione. Basterebbe avvicinarci lo smartphone.
Una garanzia di originalità sulla quale pochi di coloro che vendono oggi food on line stanno lavorando. Non per niente il potenziale è ancora inespresso. Ed ecco perché il mercato specifico riserverà sorprese. Positive.

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