Sei in > formaggio.it > Michele Grassi > La conoscenza, il sapere, per migliorare perché il formaggio non è mai perfetto
Il progresso. Per fortuna è un dato di fatto, il progresso, è utile per ogni azione della nostra vita, per la famiglia per il lavoro per l’hobby, insomma per tutto. Ciò vale anche per il settore caseario, per fare il formaggio, i derivati del latte per tutto ciò che esce dalla caldaia di un’industria o di un piccolo produttore.
Oggi si conoscono molti aspetti della trasformazione casearia, si conosce l’aspetto fisico-chimico e batteriologico del latte e di conseguenza si sa come si comporta la pasta del formaggio appena “sformata dalla caldaia” o in maturazione e in molti momenti della sua breve o lunga vita.
Ma, allora, se si conosce tutto questo, è sufficiente cliccare un bottone o abbassare una leva e il formaggio si fa da solo, magari in macchine comandate telematicamente.
Innanzi tutto la scienza è in continua evoluzione per cui non si conosce proprio proprio tutto, certo è che un aiutino lo danno le macchine, ma il fattore umano è sempre essenziale, anche solo per comandare le le attrezzature meccaniche affinché non avvenga proprio il contrario.
Ma allora chi non ha macchine in caseificio non fa un buon formaggio? Qui è davvero il contrario, purché chi fa il formaggio nel paiolo e con le mani conosca ciò che accade nelle varie fasi della trasformazione.
Il tempo delle improvvisazioni è terminato.
Guardate che non intendo dire che chi fa il formaggio manualmente, magari supportato da tanta tradizione, non fa formaggio buono. Spesso i metodi tradizionali, e le conoscenze delle problematiche che possono avvenire durante la lavorazione del latte, magari per divulgazione verbale del luogo, servono, eccome se servono.
Ciò non toglie che affiancare alla conoscenza specifica del prodotto che si va a fare, il sapere, significa senza ombra di dubbio, migliorare l’aspetto tecnologico della trasformazione del latte e le caratteristiche organolettiche del formaggio.
Questo connubio, questa sinergia, tra il saper fare il formaggio da tradizione e la conoscenza, porta sempre a buoni risultati spesso a ottimi risultati.
Ma per fare ciò ci si deve sempre mettere in discussione, bisogna sempre osservare il formaggio con occhio critico, senza mai pensare che lo stesso formaggio sia “arrivato”.
Non esistono formaggi perfetti, senza difetti, ogni forma ha la sua storia e la sua vita, ogni formaggio è fratello dell’altro, mai gemello.
Per questo chi trasforma il latte deve sapere, deve conoscere, deve avere l’umiltà di condividere le proprie fatiche con se stesso, la parte seconda di se stesso che non è quella pratica, manuale, ma quella della conoscenza, del sapere.

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