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Il formaggio è un alimento che fermenta come lo sono il vino, la birra e altri prodotti caratterizzati da azione batterica.
Qualora il prodotto “formaggio” non possedesse la caratteristica fermentativa, ovvero la presenza di microbi che ne determinano la sua reale vitalità, non ci troveremmo a considerare formaggio l’alimento di cui parliamo.
In funzione dell’azione batterica ma anche enzimatica, il formaggio ha la capacità di maturare, una sorta di digestione che avviene a carico delle proteine e dei grassi guidata dal casaro in funzione di ciò che programmato in fase tecnologica.
È il casaro che deve provvedere alla tecnologia casearia più consona a far si che il formaggio maturi più o meno a lungo.
Per i formaggi freschi, che in alcuni giorni sono pronti al consumo, è necessaria un’azione fermentativa rapida, capace di operare anche a carico delle proteine. Allo stesso modo la proteolisi e la lipolisi devono agire in modo rapido tanto da degenerare le proteine e i grassi in brevi tempi.
Al contrario per i formaggi che devono maturare a lungo, le azioni batteriche ed enzimatiche devono procedere lentamente, per dare appunto al formaggio una graduale e lenta maturazione.
Spesso però capita che pur di stagionare a lungo il formaggio si tende a lasciarlo, maturare troppo tempo, tanto che l’esperto “intercetta”, tramite analisi, soprattutto tramite l’olfatto, alcuni difetti dai quali trova che la retta di maturazione è giunta al culmine e sta per scendere.
Cosa comporta ciò? Comporta che il formaggio, ogni tipologia di formaggio, ha la sua vitalità e di conseguenza il suo tempo di vita.
Non ci si confonda con lo shelf life, il tempo durante il quale un prodotto, anche il formaggio, mantiene le sue caratteristiche organolettiche e igienico-sanitarie, ovvero il tempo di conservazione, ciò di cui parliamo è la vera vita di un prodotto.
Questo problema si presenta soprattutto nei formaggi a lunga stagionatura.
Si tratta quindi di capire se il formaggio, destinato a lunga maturazione, ha le giuste caratteristiche per giungere alla sua destinazione finale, ovvero essere consumato vecchio.
Mi capita sempre più spesso di assaggiare formaggi stagionati oltre i 12 mesi che hanno assunto sentori strani, determinati da irrancidimento ossidativo, lipolisi ossidativa, che degenera, nel vero senso della parola, i globuli di grasso,concedendo al formaggio difetti organolettici importanti che, purtroppo, il consumatore non riconosce come tali.
È un difetto che ricorre spesso nei formaggi grassi, soprattuto quelli da latte ovino, ma anche in quelli semigrassi, lasciati troppo a lungo in stagionatura. Avviene anche a quei formaggi conservati, spesso dal commerciante, mantenuti in ambienti per la conservazione inadatti.
È ovvio pensare che se un formaggio non è conservato in ambienti idonei, la sua maturazione viene rallentata o accelerata in funzione della temperatura e umidità presenti, per cui da questo ne deriva che il formaggio può subire mutazioni microbiche ed enzimatiche tali da denaturare la sua giusta maturazione naturale.
La vita del formaggio dev’essere quindi controllata in ogni momento della sua maturazione tanto da consentire al casaro, o allo stagionatore, di capire il momento giusto, e opportuno, per offrire al consumatore un prodotto che ha raggiunto l’apice delle sue condizioni vitali e di conseguenza delle sue caratteristiche organolettiche.

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