Sei in > formaggio.it > Michele Grassi > Il formaggio ruffiano?

Settembre e ottobre sono i mesi nei quali si organizzano i concorsi caseari, non che nel restante periodo dell’anno non ve ne siano, ma i mesi che seguono l’estate sono particolarmente adatti in quanto sono anche i momenti della demonticazione e quindi ai suddetti concorsi possono essere presentati anche formaggi dell’alpeggio appena terminato.

Colgo quindi, da questo breve ragionamento, lo spunto per fare una riflessione che spesso mi porta a considerare la qualità del formaggio.

Cosa significa qualità? Alcuni personaggi importanti hanno dato la loro personale definizione di qualità vedi ad esempio Joseph M. Juran che la giudica “Idoneità all’uso” e molti altri che significativamente giungono quasi sempre alla seguente conclusione “La qualità è il grado con cui un prodotto specifico soddisfa i bisogni di uno specifico consumatore.” 

Io credo che la qualità sia, come disse Crosby, colui che fu definito “the leading evangelist of quality” e che “ha avuto il grande merito di aver spiegato per la prima volta la qualità con termini semplici e comprensibili da tutti”, “Qualità significa conformità a requisiti”.

Mi piace tradurre, in relazione al formaggio, come tutto ciò che dev’essere pensato, sin dall’inizio della filiera, in conformità del rispetto della natura, degli animali che ci regalano il latte e del rispetto specifico delle caratteristiche fisiche e chimiche del latte durante la trasformazione. Ecco allora che le parole di Crosby sono confermate da altri grandi definizioni come quella di Newell & Dale, “La qualità deve essere raggiunta in cinque aree fondamentali: persone, mezzi, metodi, materiali e ambiente per assicurare la soddisfazione dei bisogni del cliente.”

Ecco per la prima volta appare la parola “ambiente”.

Il passo è corto, se non vi è ambiente inteso come “rispetto dell’ambiente” non vi può essere qualità.

Torno a parlare di concorsi caseari e dei risultati delle valutazione degli esperti che giudicano i formaggi e mi chiedo se è possibile che un formaggio da latte pastorizzato possa essere giudicato eccellente e magari vincere la gara? 

Conosco molti formaggi a latte pastorizzato che possono raggiungere la lunga stagionatura assumendo intensità aromatiche di tutto rispetto, che soddisfano pienamente il gusto del consumatore, ma è corretto pensare che questi formaggi possano concorrere con formaggi a latte crudo magari provenienti dall’alpeggio dove gli animali si sono alimentati liberamente di sola erba?

Non è proprio possibile. Il giudizio dei giudici al concorso non può andare oltre, purtroppo, perché a loro non è dato sapere la provenienza del formaggio e di conseguenza le qualità, quelle definite da Newell & Dale, in funzione delle sue naturali caratteristiche.

La qualità del formaggio dev’essere giudicata in primis con la conoscenza del formaggio e di tutte le sue specificità, conoscenza del latte e della sua provenienza.

È quindi ammissibile la classifica che da Anfosc sulla qualità del formaggio? Si è ammissibile e auspico che prima o poi anche altre organizzazioni di carattere nazionale come Onaf possano pensare che senza un merito il formaggio non può essere giudicato da esperti.

Quando vedo che un formaggio di categoria nemmeno citata da Anfosc http://asyoucheeseit.com inferiore alla B3– si aggiudica una medaglia, mi domando se il giudizio è dato da esperti o da consumatori. Forse da consumatori che vedono esclusivamente la piacevolezza di un formaggio e non sanno entrare nel merito delle vere caratteristiche organolettiche di un formaggio.  

Il formaggio “ruffiano” quindi, proprio come alcuni vini?

Vedo la necessità di fare distinzione anche nei concorsi caseari, proibizione assoluta di assimilare formaggi da latte pastorizzato con fermenti selezionati a formaggi provenienti dall’alpeggio senza alcun inoculo o meglio con fermenti naturali.

È possibile che fra i 50 migliori cibi del mondo («Great Taste Award») possa essere stato giudicato un formaggio italiano a latte pastorizzato, latte che proviene da raccolta giornaliera di centinaia di stalle? Eppure è capitato tanto che è lecito pensare che la politica s’intromette per delineare una qualità casearia italiana fuori dalle giuste righe. E ci vantiamo della qualità dei prodotti italiani?

Abbiamo molto da imparare, soprattutto non dobbiamo assolutamente venderci e giustificare i nostri formaggi solo se qualitativamente eccellenti, con la qualità la cui definizione contiene la parola “ambiente”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Inizia una nuova discussione

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *