Sei in > formaggio.it > Michele Grassi > Formaggi da pochi euro e altri carissimi. Ma c’è una regola? Sì, quella del mercato

Se pensiamo a quanti formaggi ci sono in commercio il desiderio, spesso, di comprarne uno diventa piuttosto complicato. Davanti al banco dei formaggi il consumatore è imbarazzato dalla scelta, determinata non solo dall’etichetta e dal formaggio in sé, ma anche dal prezzo che nei negozi seri è sempre esposto. Formaggi in offerta, formaggi tradizionali, formaggi selezionati dal venditore e altre formule d’interesse commerciale sono sempre presenti e il consumatore viene abbagliato, interessato e spesso condizionato. In effetti oggi il prezzo del formaggio ha una variabilità incredibile: da pieno a dimezzato, se in offerta, anche sottovalutato o sopravvalutato. Certo non è facile comprendere.

Ma il formaggio può avere un prezzo che corrisponda davvero al suo valore? Valore che tenga conto di chi l’ha fatto, di com’è stato fatto, di quanto ne è stato fatto? Un valore che consideri tutti gli aspetti della filiera, dall’alimentazione delle lattifere in poi? In effetti nei banchi espositori si trovano prezzi che fanno davvero pensare. Formaggi a pasta molle, ad alto contenuto d’acqua che costano anche 13-14 euro al chilogrammo e formaggi stagionati anche 24 mesi che costano meno, a volte molto meno. È corretto?

No, non solo per il fatto che un formaggio di lunga stagionatura consente il suo realizzo economico al casaro dopo diversi anni, ma anche perché nel tempo di stagionatura il formaggio registra un calo del suo peso a volte molto importante. Al contrario uno Stracchino rende anche più del doppio di un formaggio stagionar,  ma costa di più. Se dovessimo davvero considerare il prezzo del formaggio a pasta molle con alto contenuto d’acqua, a volte superiore al 60%, è chiaro che il suo prezzo dovrebbe essere almeno la metà di un Parmigiano Reggiano o di un Grana Padano. Il realizzo delle paste molli, inoltre, è immediato al massimo entro dieci giorni.

Ma perché allora avviene tutto questo? Perché il mercato è inesorabile e disgustosamente senza scrupoli. Il consumatore non è importante, lo è solo se spende. Ma è anche un’offesa per quei piccoli allevatori, forse anche produttori di formaggio, per coloro che spendono la loro vita a faticare sui monti, a calpestare pascoli e a mungere a mano, a trasportare i formaggi con fuoristrada e a volte a spalla. È un oltraggio per quei formaggi, frutto della passione e fatica di casari che raggiungono l’obiettivo di donarci prodotti sani, buoni, dalle caratteristiche organolettiche di prim’ordine ma dal prezzo ridicolo.  È una questione di mercato perché il caseificio che produce formaggi a pasta molle ha margini di guadagno limitatissimi. Ci penseranno grossisti, piazzisti, commercianti a far lievitare il costo. Perché? Perché questi formaggio piacciono e si vendono in enormi quantità.

In questi giorni mi sono sentito rivolgere una domanda, riguardo a un formaggio italiano DOP a pasta dura. Più che una domanda era una lamentela, perché il costo di questo formaggio aveva visto un importante rialzo. La mia risposta è stata questa. Finalmente! Finalmente un buon formaggio dalla resa limitata ha avuto il suo giusto riconoscimento.
Finalmente.

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