L'ambasciatore del formaggio italiano nel mondo
Formaggio grasso, a breve-media stagionatura, a pasta semidura.
Utilizzato come merce di scambio quando le Latterie Turnarie lo producevano. Ha una curiosità produttiva: la frantumazione della pasta già posta nelle fascere. Consiglio: arrostitelo su lastre roventi di ardesia e mangiatelo a fette.
Liguria, provincia di Genova, comuni di Santo Stefano d'Aveto e Rezzoaglio.
Forma cilindrica a facce piane del diametro di 30-35 cm, con scalzo diritto, alto 10 cm, peso che varia dai 3 ai 18 kg.
Sulle tavole dei genovesi veniva chiamato Formaggio di Chiavari. Anticamente utilizzato come merce di scambio, anche se prende il nome dal territorio dove nasce. Quasi tutte le famiglie avetane avevano almeno due mucche. Produrre il loro formaggio, quindi, era la maggior risorsa economica. Le famiglie si aiutavano nella raccolta del latte e si turnavano per lavorarlo.
Pasta semidura
Il latte viene riscaldato alla temperatura di 35° e addizionato con caglio di vitello. La cagliata, presamica, viene rotta alle dimensione di un chicco di riso. La pasta viene raccolta con teli e posta in fuscelle per la formatura. In seguito, la pasta viene frantumata e salata per poi essere pressata. La salatura è in salamoia.
Si consuma dopo 2 mesi. Durante questo periodo le forme vengono rivoltate e trattate con olio.
La crosta è sottile, elastica liscia di colore paglierino che può tendere al marrone. La pasta è compatta, semidura di colore paglierino con occhiatura di piccole dimensioni, diffusa e regolarmente distribuita.
Formaggio grasso, a breve-media stagionatura, a pasta semidura.
Medio bassa, media.
Si può degustare in purezza o accompagnato con il pane. Vini: l’ideale sono il Ciliegiolo e il Rosso Golfo del Tigullio.
Per mantenere fede alle tradizioni, va arrostito a fette su una piastra di ardesia e servito su pane casereccio.