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Assolatte: Il latte è forse l’alimento più importante che insieme a formaggi e latticini sa coniugare un eccezionale valore nutritivo ad un prezzo equo

di Fernando Marzillo

Ci siamo da poco lasciati alle spalle la giornata mondiale del latte che viene universalmente celebrata il primo giugno, ma che purtroppo conta ancora poca visibilità tra i consumatori.

In un periodo storico come quello attuale, in cui l’alimento/bevanda è attaccato da più fronti per svariate ragioni, aver celebrato questo evento significa aver ricordato che il latte è ancora, e per fortuna, il primo ed unico alimento che nutre il neonato alla nascita, che lo accompagna nella vita adulta, e che spesso è anche l’ultimo cibo gradito e digerito da anziani e perché no centenari. Inutile aggiungere altre parole a quelle pronunciate da Paolo Zanetti, presidente di Assolatte: “il latte è forse l’alimento più importante che insieme a formaggi e latticini sa coniugare un eccezionale valore nutritivo ad un prezzo equo”.

Aver posto il latte anche per un solo giorno al centro del dibattito comunicativo, spero possa aver fatto riflettere coloro che con troppa superficialità, tendono a rinnegarlo. E’ dunque giusto ricordare che, intorno all’universo latte si alimenta un sano mercato di produttori, trasformatori e consumatori che non possono solo essere ritenuti responsabili dei fenomeni di inquinamento, dei mutamenti climatici e perciò colpevolizzati.

Spesso invece accade il contrario: penso agli allevamenti che ancora vivono o forse meglio sarebbe dire sopravvivono in ambienti e terreni cosi detti marginali, terreni che non avrebbero altra destinazione produttiva che non l’abbandono, se non fosse la presenza umana a garantirne il presidio, vero esempio di opposizione e contrasto ai dissesti idrogeologici di cui oggi tanto si discute.

Allevare vuol dire anche produrre deiezioni. Un tempo considerate materiale di grande valore e necessarie per reintegrare di sostanza organica i terreni coltivati, oggi demonizzate al pari degli odori che emanano perché dotate di un elevato potere inquinante. Si dimentica però che i reflui zootecnici, da prodotto di scarto, si trasformano in ricchezza qualora prendano la via dell’economia circolare. Dalla fermentazione anaerobica delle biomasse, si ottiene infatti dapprima il biogas quindi il biometano (utilizzabile per l’autotrazione, il riscaldamento e la produzione di energia elettrica). Dal residuo del processo fermentativo ovvero dal digestato, si ottiene invece un ottimo compost. Detto questo è giusto annotare alcune curiosità.

Il nostro Paese ha attualmente raggiunto una sostanziale autosufficienza produttiva (circa 13 milioni di tonnellate).

Il consumo di latte è inferiore alle quantità raccomandate (si stima che negli ultimi anni il consumo giornaliero si sia notevolmente ridotto specialmente tra bambini, ragazzi, giovani, e sopratutto al Nord).

È da pochi mesi infine la notizia che alcuni importanti gruppi alimentari italiani, hanno (a mio avviso purtroppo) abbandonato le linee produttive dedicate al latte fresco pastorizzato, per implementare quelle riservate al latte pastorizzato a temperatura elevata che vede in questo modo allungata la sua vita di scaffale. Nelle confezioni scompare la dicitura “Fresco” che il legislatore riserva ancora unicamente al latte sottoposto ad un unico e moderato trattamento termico che ne garantisce la conservazione fino a sei giorni (max 72°C per 15 secondi).

Le scelte di tale operazione, pare siano state motivate da una propensione del consumatore verso l’acquisto di un latte più a lungo conservabile, che di riflesso avrebbe alimentato l’invenduto di quello Fresco. L’estensione del periodo di durabilità del latte rappresenta perciò per le aziende produttrici, un sistema finalizzato a ridurre in modo significativo gli sprechi e quindi risponde ad un un atto etico di civiltà.

Se gli aspetti di natura etica probabilmente offuscano quelli di natura economica, quello che però appare certo e che mi rammarica, è il tentativo di indirizzare le scelte del consumatore verso un alimento sempre più uniformato, con un innaturale gusto di cotto perché trattato termicamente in maniera più severa, sempre meno “vivo” dal punto di vista microbiologico, e in conclusione sempre più lontano dall’originale. Mi appare inoltre troppo generica la dicitura che afferma non essersi modificata la quantità di proteine presenti nel latte così trattato rispetto a quelle presenti nel latte crudo di partenza.

Il latte : una bevanda (per oltre l’87% di acqua che contiene); un alimento (per i preziosi fattori nutritivi e funzionali che in esso si disperdono) e tanto altro ancora.

Il latte: alimento sovrano.

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