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…i suoi animali, pecore e capre, cani, ora sono disorientati, persi, perché a loro è mancato un vero amico

di Michele Grassi

Siamo abituati a credere che la notizia sia il frutto di un evento che porta felicità o dolore. E’ così, chiunque di noi ha vissuto momenti da fare notizia. Ma la notizia, quella annunciata, è per pochi. Per i soliti conosciuti o pseudo conosciuti, del mondo dello spettacolo della politica della scienza, insomma per chi ha avuto notorietà sia essa meritoria che casuale.

Spesso al TG sentiamo della scomparsa di Tizio e ci chiediamo, ma chi è? Mai sentito. Eppure ai media la notizia serve, anche a riempire quei vuoti, che potrebbero essere di fastidio.

Nel caso di un pastore che, dopo aver subito un malore, precipita in un dirupo e muore, la notizia diventa non notizia. A nessuno interessa.

Il dolore della famiglia di Roberto è condiviso dai paesani, dagli amici anche da chi come me lo ha incontrato un paio di volte, ma da nessun altro.

La tragedia è una non tragedia per chi non ha mai avuto a che fare con la pastorizia, con il pastore, con la donna pastore.

Sono proprio la vita e la professione del pastore la base per la conservazione della natura, della montagna, dei pascoli e dei boschi. Ma se manca il pastore con le sue greggi pochi lo compiangono.

Non è facile comprendere la pastorizia se non la si vive, se non la si avvicina, se non ci si sforza di comprenderla.

Il pastore che porta le sue pecore al pascolo alla mattina, all’alba, e torna alla sera al tramonto, è sempre persona che vive la natura che la ama, che ama le sue bestie che ama la solitudine, o la sopporta.

E chi vive a fianco del pastore si accorge della sua rudezza, che non significa durezza, determinata da una vita di disagi, di poca socializzazione (obbligata dalla solitudine) e a volte dalla rinuncia di una vita coniugale, di coppia, proprio per l’immane impegno che tale vita comporta.

E così Roberto lascia i suoi famigliari, gli amici con i quali aveva, la sera prima, condiviso un attimo di convivialità.

E i suoi animali, pecore e capre, cani, ora sono disorientati, persi, perché a loro è mancato un vero amico.

Ma non fa notizia, la notizia di sempre è quella che il pastore macella gli agnelli e i capretti, è quella che il pastore decide della vita e della morte degli animali e li maltratta.

Le notizie che i media vanno a cercare, ritraggono l’allevatore, il pastore, sempre nelle sue più recondite verità, i maltrattamenti sugli animali. Rarissimi episodi che non dovrebbero essere generalizzati. Ma fanno notizia.

Questa sperequazione dipende dalla profonda disconoscènza dell’ambito pastorale, ma per i media non è importante.

Neppure il fatto che i pastori, alla vigilia della nascita del Bambinello, sono  partecipi a questo eccezionale evento, fa pensare che proprio quel giorno, avviene il fatto, il pastore muore sui pascoli, giù nel dirupo.  Ma non fa notizia.

Ma la fa tra gli operatori, fra tutti i pastori d’Italia, dell’Italia delle pecore e delle capre, delle vacche e delle bufale, e dei formaggi, proprio come quelli di Roberto, a latte crudo senza aggiunta alcuna se non caglio e sale.

La notizia che non fa notizia.

A una famiglia di pastori, il padre e la sorella, Roberto lascia i suoi armenti, la sua casa le sue montagne, in silenzio, in pace, perché nasceva pastore e moriva pastore, senza remore, senza alcun ripensamento di ciò che aveva fatto e progettato, capace di mantenere le tradizioni pastorali e casearie di un tempo, con il risultato finale di eccellenza, il suo formaggio.

Il pastore.

Il pastore e le sue montagne, le sue pecore e i suoi formaggi.

Ecco che il ringraziamento a tutti i pastori delle montagne, siano esse gli Appennini o le Alpi, diventi un celebrare la notizia silenziosa di dolore per la scomparsa di uno di loro, di un non conosciuto, Roberto, che faceva della sua vita una passione, una missione molto spesso incompresa ma sempre indispensabile per la natura, per le montagne, per le persone.

Nell’immagine: le capre di Roberto

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