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Un binomio non ancora scontato

di Fernando Marzillo

 

Il 1° Aprile dell’anno corrente, sarebbe dovuto entrare in vigore il regolamento UE 2018/775 recante le norme che disciplinano nell’etichettatura dei prodotti, il Paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento e/o del suo ingrediente primario. Tale applicazione avrebbe di fatto sostituito i numerosi Decreti Ministeriali fortemente voluti dall’Italia, tra cui quello del Dicembre 2016 obbligante i produttori ad indicare in etichetta, l’origine del latte e dei prodotti lattiero caseari. Ma la loro recente proroga al 31/12/2021, richiederà ancora tempo per vedere operativo il Regolamento Comunitario che tuttavia tra luci ed ombre, dà voce a riflessioni dai contenuti non sempre condivisi.

A parere dello studio legale LCA nella persona di Nicola Lucifero, “La nuova disciplina non aiuta la scelta del consumatore che chiede e cerca trasparenza sull’origine, ma rischia di rappresentare un’ennesima indicazione poco chiara che viene a lui fornita”.

Per Rolando Manfredini responsabile qualità e sicurezza alimentare Coldiretti, “Malgrado le buone intenzioni di partenza, il nuovo regolamento 2018/775, presenta modalità ingannevoli per i consumatori e non è quindi una risposta adeguata a tutelare i prodotti alimentari made in Italy”.

Più morbida la posizione di Paolo De Castro coordinatore S&D alla commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, secondo cui “Il vero cambiamento sta nel fatto che l’obbligo non varrà più solo per i produttori italiani, ma per tutti gli operatori dell’Unione salvaguardando quindi il mercato unico UE dal proliferare di schemi nazionali non coordinati”.

Pur non entrando nel controverso dibattito, il consumatore reclama il diritto di conoscere le caratteristiche degli ingredienti tra le quali per l’appunto l’origine. Le firme recentemente raccolte da oltre un milione di cittadini comunitari tra cui spiccano quelle italiane, vogliono sollecitare l’Unione Europea affinché estenda l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti. In buona sostanza un messaggio diretto alla Commissione per avere finalmente prodotti dalle etichette trasparenti e immediatamente comprensibili, evitando di vanificare gli sforzi ed i risultati raggiunti fin qui dall’Italia oltre che per il latte e derivati, anche per prodotti come grano duro, riso, e pomodoro.

Molti infatti sono coloro che ritengono il Regolamento UE 2018/775, discutibile nell’interpretazione e perciò complesso nell’applicazione, in quanto l’obbligo di indicare l’origine degli alimenti, sarebbe riconducibile solo ad alcuni casi: per esempio quando sussista il rischio che il consumatore non possa comprendere la provenienza dell’alimento perché confuso da simboli o riferimenti geografici sulla confezione. Inoltre se l’esclusione dall’obbligo è legittima per i prodotti D.O.P. in quanto i disciplinari di produzione già richiamano la zona di origine, meno comprensibile è l’esclusione per quelli I.G.P. e per alcuni tra quelli a marchio registrato, denominazioni usuali e generiche. In tal modo il contrasto alla contraffazione imitativa dei prodotti italiani (Italian Sounding) si complicherebbe.

Nella speranza che possa dipanarsi una questione che pare complessa, devio per un attimo il ragionamento sul senso di una diffusa esterofilia anche nel linguaggio caseario (Italian Sounding ne è esempio, ma potrei citare i termini starter, lactose free, dairy bio, light, shelf life ecc,), e sulla ragione per la quale il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari intenda perorare la causa dei prodotti italiani attraverso il marchio in inglese “The Extraordinary Italian Taste”.

Per concludere una considerazione: la formula commerciale km 0, altresì definita filiera corta, fortunatamente meno risente di anglicismi e americanismi forzati. Nella sua semplicità porta con sé un sacco di benefici. Anzitutto all’ambiente e al variegato mondo delle biodiversità animali e vegetali. Garantisce un giusto reddito ai produttori e valorizza le economie locali. Rappresenta un’occasione per riscoprire sapori ed odori perduti, tramandare le tradizioni e avvicinare le nuove generazioni al mondo agricolo considerato a volte ancor oggi, ignorante nel suo significato più offensivo. Infine, ma non meno importante, rappresenta un’opportunità (come credo logico sia), per assaggiare una scaglia di formaggio o un pugno di ciliegie. Condizione indispensabile, ma sempre più rara per effettuare acquisti consapevoli e liberi da condizionamenti.

 

 

 

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