L’Editoriale / Ok Dop e Igp, ma adesso valorizziamo anche i Pat
Secondo la Cia, i prodotti tradizionali valgono 11 miliardi di euro l’anno. E i formaggi sono un punto di riferimento…
di Giovanni Bertizzolo
Nonostante le nostre denominazioni siano spesso osteggiate a livello istituzionale da Paesi che hanno tutto l’interesse a “confondere” il mercato dell’agroalimentare per incrementare il business della contraffazione, secondo un sondaggio di Jrs Consulting la conoscenza delle certificazioni europee e dei prodotti Dop è cresciuta del 10% tra i consumatori statunitensi. Cioè, proprio nel Paese dove l’agropirateria e l’ostracismo alla salvaguardia delle denominazioni europee sono costantemente d’attualità.
Non solo. Un report di The Speciality Food Association vede i cittadini americani sempre più disposti a spendere per il buon cibo. Mentre nel mondo aumentano i cosiddetti foodies (gli appassionati del cibo). Oggi sono già oltre 30 milioni di persone, contraddistinte da un’elevata capacità di riconoscere la qualità degli alimenti e da una spiccata curiosità verso la cucina.
Insomma, a dispetto dei detrattori le denominazioni funzionano. Tanto che è giunto il momento di ampliare il raggio d’azione.
Se è vero, infatti, che l’Italia detiene il primato con 268 Dop e Igp iscritte nel registro Ue, per un fatturato che supera i 13 miliardi al consumo, è altresì vero che il nostro Paese vanta anche 4.813 prodotti tradizionali, i Pat per capirci. Dove i formaggi sono un vero e proprio punto di riferimento. Non si conosce, infatti, regione, provincia, territorio che non abbia il suo Pat. Anzi, a un singolo territorio spesso e volentieri sono riconducibili più formaggi Pat.
Ebbene, se valorizzati, i Pat dell’agroalimentare italiano potrebbero valere 11 miliardi di euro l’anno. Un dato importante, emerso in settimana dal convegno della Cia (Confederazione italiana agricoltori) dal titolo “Prodotti tipici e tradizionali tra protezione e mercato“, svoltosi a Campobasso.
Come valorizzarli? Con la promozione e il marketing, un po’ come sta già avvenendo con le Dop. Ma anche attraverso forme di cooperazione e di progettualità allargate.
Non va dimenticato che l’eccellenza tipica locale commercializzata fuori dal territorio, oltre ad essere un business in sé, è anche uno straordinario veicolo promozionale e di comunicazione del territorio stesso e delle altre tipologie di prodotti tipici locali che lo stesso può offrire. Non solo. Rappresenta anche una straordinaria opportunità per commercializzare le altre tipologie di prodotti territoriali quali le materie, i beni, i servizi.
Mancano però i fondi da destinare a tutto ciò. E trovarli in un momento delicato come quello attuale non è facile. Ma se vogliamo pensare ottimisticamente al futuro, questa è un’altra strada da seguire.