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Povero di grassi, di tecnologia unica, estivo e versatile in cucina

 

di Fernando Marzillo

Così mi piace definirlo per le sue caratteristiche che, ne sono certo, tanti consumatori ignorano. Indubbiamente numerosi quelli che lo consumano, probabilmente meno quelli che ne conoscono le sue proprietà: anzitutto quelle nutrizionali.

Il moderato apporto di grassi (non inferiore al 30 % sulla sostanza secca per il prodotto ottenuto da latte parzialmente scremato) e calorico (appena 296 K/cal. per 100 grammi di prodotto fresco), ci permette di distinguerlo dai numerosi formaggi freschi e di breve stagionatura, talvolta arricchiti di panna e magari commercializzati sotto nomi di fantasia che evocano (al fine di trainarne più facilmente i consumi), qualità di leggerezza e digeribilità alle volte opinabili.

I fattori tecnologici in seconda istanza lo connotano chiaramente per quello che i nostri organi di senso sono in grado di percepire, ovvero un formaggio incomparabile ed unico nel suo genere. Mi spiego. L’aspetto visivo denota nella tipologia fresco (cioè non oltre i 30 giorni di maturazione), una struttura compatta, priva di occhiature, con pasta friabile e gessata. Quest’ultima caratteristica può essere letta come un allontanamento non voluto dai corretti passaggi tecnologici. Nel gergo caseario infatti, per gessatura si intende un formaggio che nel corso della stufatura subisce un’eccessiva azione acidificante operata dai batteri lattici, la quale conducendo ad una demineralizzazione della pasta con pH< a 4,90-5,00 , la fa visivamente apparire finemente granulale, friabile e di colore bianco simile al gesso. In sostanza un difetto la cui presenza non è auspicabile in caseificio. In questo e in qualche altro raro caso, tale aspetto viene invece ricercato diventando così un fattore di tipicità del formaggio e quindi un pregio.

L’intensa azione acidificante modificando la struttura, influenza altresì il profilo olfattivo: al naso non è difficile riconoscere insieme all’odore di yogurt note agrumate e floreali.

Tali particolarità rafforzano un mio convincimento: le tecniche trasformative non devono forzatamente basarsi sull’applicazione di rigidi protocolli pur avvallate dal necessario empirismo pratico. L’assoluto e il categorico sono aggettivi che meglio si addicono a produzioni dove non esiste vitalità nella materia prima. Viceversa l’estro del casaro, il fiuto del tecnologo, possono continuamente aprire nuove rotte alle vie della trasformazione del latte, per indurci così, a dare una nuova definizione di formaggio: non alternativa a quella che il regio decreto nr. 994 del 9 Maggio 1929 aveva stabilito e che ancor oggi viene universalmente riconosciuta, bensì complementare. In questo senso il formaggio risulta semplicemente essere la combinazione di tre fattori: latte, fermenti e tanta fantasia.

L’ultima caratteristica è riferita alla sua versatilità in cucina. Acidità e sapidità rendono il Quartirolo Lombardo D.O.P. ottimo sia all’assaggio in purezza, sia come pregiato ingrediente nella preparazione di piatti complessi. Tagliato a dadini, è ideale negli antipasti. E’ portatore di vivacità e freschezza nelle insalate estive ricche di verdure di stagione sia crude che grigliate, e ancora, grattugiato in forma ghiacciata immediatamente prima del consumo, è servito su un risotto mantecato al Barbera. Infine nella sua semplicità si accompagna ad una fetta di pane condita con olio extravergine di oliva e pepe ed a fianco un buon bicchiere di Lugana D.O.C.

 

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