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E’ troppo semplicistico affermare che oggi il Parmigiano Reggiano è prodotto come nove secoli fa

di Fernando Marzillo

Se i numeri non smentiranno le previsioni, l’anno in corso garantirà cielo sereno e assenza di nuvole all’orizzonte, per un formaggio simbolo della tradizione casearia italiana: il Parmigiano Reggiano D.O.P.

Archiviati i numeri record del 2018 per numero di forme (3.700.000), i dati Clal per l’anno appena concluso indicano un leggero aumento produttivo (+1,2%). A conferma di un futuro roseo, il bilancio preventivo del 2020 approvato all’assemblea generale dei consorziati, prevede un ulteriore moderato incremento produttivo (3.780.000 forme), al quale si affiancheranno ricavi totali per 41 milioni di euro derivanti principalmente dai contributi che i caseifici devono versare al Consorzio per produrre la D.O.P.

Di questi, 15 i milioni di euro verranno stanziati in attività promozionali, 6 milioni allo sviluppo dei mercati internazionali e ulteriori 6 milioni saranno destinati all’attuazione del Progetto Premium “40 mesi” per lanciare il segmento delle lunghe stagionature. Chef e consumatori tendono oggi a ricercare con maggior frequenza rispetto al passato stagionature importanti. Tale progetto che già conta l’interessamento di 56 caseifici, prevede l’introduzione di una specifica selezione di qualità. A regime l’offerta annua sul mercato dovrebbe attestarsi a circa 70 mila forme pronte a soddisfare i palati alla ricerca di descrittori complessi. Al contempo l’obiettivo è anche quello di contenere l’offerta di prodotto, in modo da mantenere l’equilibrio sul mercato.

Se i numeri sopra citati sono senz’altro lusinghieri, il merito va anche ad un formaggio che nel corso della storia, pur mantenendo fede alle proprie peculiarità, ha saputo comunque evolversi. Pertanto è troppo semplicistico affermare che oggi il Parmigiano Reggiano è prodotto come nove secoli fa. Certo gli ingredienti sono gli stessi, stessa è la tecnica di produzione e stesse sono la passione e le cure profuse, ma nel tempo scienza e tecnologia hanno suggerito innovazioni oggi irrinunciabili. Così un parmigiano prodotto “solo” l00 anni orsono risulterebbe ai più poco appetibile.

Meno grasso rispetto a quello odierno perché derivato da un latte parzialmente decremato anche nella mungitura mattutina. Una crosta trattata con una tinta in nero per nascondere eventuali difetti di superficie. Più asciutto, più sapido, più piccante e con una occhiatura talvolta ad occhio di pernice contenente liquido filante espressione di una pasta assai proteolizzata. Le elevate percentuali di scarto dell’allora formaggio, derivavano dalle scarse condizioni igienico sanitarie, da flore batteriche selvagge, ma anche da conoscenze di natura microbiologica ancora insufficienti per una scienza all’epoca solo agli albori.

La pratica dell’aggiunta del siero innesto acidificato, di cui Notari è considerato l’inventore, migliorò alquanto la qualità del formaggio, tant’è che ancor oggi il suo impiego è considerato imprescindibile per governare correttamente le fermentazioni.

Molto più attuale, ma sempre nell’ottica di migliorare la qualità pur nel solco della tradizione, la recente variazione al disciplinare di produzione che vuole riportare a valori più ragionevoli il rapporto grasso/caseina in caldaia troppo sbilanciato a favore della materia grassa per una convenienza di natura prettamente economica. Tale rapporto ora fissato a 1,1 con una tolleranza massima del 12%, ha lo scopo di evitare lavorazioni eccessivamente grasse che andrebbero ad influire negativamente sulle caratteristiche qualitative del prodotto. Per rafforzare un profondo legame con il territorio, sempre grande attenzione è posta all’origine delle materie prime: almeno il 75% della sostanza secca dei foraggi deve essere prodotta all’interno della zona geografica. Il disciplinare prevede inoltre tra i parametri analitici, la ricerca nel latte degli acidi grassi ciclopropanici (CPFA), marcatori molecolari utili per accertare l’eventuale consumo di insilati nell’alimentazione delle bovine.

Non solo tecnologia, ma anche marketing. Così la tradizionale punta di Parmigiano, in passato sulla tavola per l’esclusiva ora del pasto, si è emancipata. Dividendosi in barrette, stick, bastoncini e presente all’interno di numerosi snack, moltiplica i suoi potenziali fruitori: dai bambini agli atleti, passando per i single e le famiglie poco numerose, il Parmigiano Reggiano offre energia a tutti gli orari ed in qualsiasi luogo.

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