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Il formaggio è un insieme di complicate caratteristiche

di Michele Grassi

Formaggio, formaggio e sempre formaggio, l’alimento più utilizzato e amato nelle famiglie italiane anche se, probabilmente, uno dei più dibattuti e sicuramente sconosciuti.

Proprio così, il consumatore mangia e mangia formaggio tutti i giorni in tutti i pasti per abitudine, perché il formaggio è la nostra storia, tradizione e perché piace davvero.

Non è da tutti conoscere a fondo questo meraviglioso alimento anche perché in Italia non c’è ancora quell’interesse che invece contraddistingue il vino, cugino liquido del formaggio.

Se dovessimo acquistare in funzione di ciò che conosciamo del formaggio posto nelle vetrine dei negozi, nelle formaggerie, gli esercenti non lo venderebbero di certo.

Il formaggio è facilmente vendibile invece, anche se molti banconieri non lo sanno spiegare, presentare, acclamare.

Non è una regola per fortuna, esistono formaggerie di tutto rispetto, capaci di offrire al consumatore tantissime tipologie, con personale preparato che racconta le tante sfaccettature, del formaggio.

Non sono solo gli ordinati e illuminati banchi espositori a far vendere il formaggio, ma le storie che possono essere raccontate, le tecniche le caratteristiche organolettiche del formaggio, tante ma sconosciute.

Il formaggio è proprio questo, un insieme di complicate caratteristiche che non devono essere banalizzate con il semplice, “è buono”.

Al di la del fatto che è buono ciò che piace, quindi ogni consumatore ha diritto di acquistare il formaggio che gli pare, ciò che è buono può anche essere ciò che non si conosce e qui la parte del leone la fa il buon venditore, capace di offrire un pezzetto di formaggio.

L’assaggio.

Non è molto di moda assaggiare il formaggio prima dell’acquisto, vuoi perché gli addetti alla vendita sono sempre impegnatissimi, devono servire tante persone, vuoi perché il consumatore medio non ha questa bell’abitudine, cioè quella di chiedere “mi fa assaggiare quel formaggio?”

In realtà la conoscenza del formaggi è frutto della curiosità e quindi

va richiesta, ricercata, soprattutto quando il banconiere non è tanto disponibile a raccontare, esporre.

Ma è proprio questo il problema.

Il consumatore normalmente non è curioso di conoscere, di approfondire la cultura del formaggio, forse perché non si rende conto che quella forma ha una storia, magari famigliare, ha un’origine magari da un latte con caratteristiche chimiche e microbiologiche del tutto uniche, e non comprende che il formaggio è fatto da persone, non importa se all’interno di uno stabilimento industriale o di un mini caseificio aziendale.

La curiosità è quindi la fonte di tutto, è lo stimolo dell’apprendimento e naturalmente della conoscenza, dell’approfondimento che per il formaggio significa percorrere un cammino meravigliosamente infinito.

Conoscere quindi per mangiare meglio, per gustare per ricercare e riconoscere quelle sensazioni alle quali molti non sono abituati ma capaci di consentire godimento e passione.

Quanti sono coloro che la domenica mettono in tavola, accanto alla bottiglia firmata, uno spicchio, una scaglia, di formaggio d’autore?

Spero davvero di sbagliarmi ma il formaggio non ha ancora cominciato a vivere la vita di primo attore, anche se ne è suo meritato diritto.

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