Sei in > formaggio.it > News > I formaggi recuperati

Gli sfridi di lavorazione recuperati magistralmente da un infausto destino, risorgono a vita nuova

di Fernando Marzillo

Del maiale (ci hanno insegnato), non si butta via niente, e il detto (aggiungo io), può estendersi anche ai formaggi. Molti sono gli esempi di quelli ottenuti dagli sfridi di lavorazione e da prodotti imperfetti, che, recuperati magistralmente da un infausto destino, risorgono a vita nuova.

L’esempio più banale del riciclo è quello del siero. Il sottoprodotto della lavorazione del latte, al netto della ricotta prodotta, perde la sua connotazione di refluo quando è destinato all’alimentazione dei suini o all’industria alimentare.

Da sempre legato alla tecnologia del Parmigiano Reggiano, è il Tosone: cioè le lunghe strisce dall’odore lattico ottenute dalla rifilatura del neonato formaggio. Per i bambini di un tempo una gratuita ed iposodica merenda e buona alternativa al chewing gum per la caratteristica pasta elastica quasi gommosa. Oggi il Tosone è prodotto con latte pastorizzato. Si commercializza come tradizione insegna non salato.

Praticamente analoghe, le fettuccine di Tosello originarie della vasta pianura: la terra del Grana Padano.

Scendendo lungo lo stivale quale la nostra penisola è, ci si imbatte piacevolmente in una intera categoria di formaggi tipica del mezzogiorno: le paste filate, il cui successo internazionale è merito anche della diffusione di un piatto tipico italiano: la pizza. Una categoria di formaggi, nata sul finire del 1700 dall’ingegno umano di recuperare il latte che a causa delle difficoltà dei trasporti e delle precarie tecniche di conservazione, giungeva in caseificio in condizioni di eccessiva acidificazione e perciò poco idoneo alle normali trasformazioni. Il trattamento in acqua bollente della cagliata a scopo sanificante, si dimostrò straordinariamente efficace per la facilità con cui la pasta poteva essere tirata e modellata. Nascevano le paste filate che ancor oggi tutto il mondo ci invidia e copia. Una per tutte, la Vastedda della Valle del Belice D.O.P. Prodotta per recuperare quei formaggi mal riusciti, guastati, (in dialetto siculo vastati), è ad oggi l’unico formaggio D.O.P. a pasta filata di origine ovina.

E che dire dello Skiz P.A.T. delle malghe bellunesi. Etimologicamente legato alla tecnica di produzione e utilizzo in cucina. E’ cotto in padella con un pizzico di sale per essere consumato in purezza, oppure accompagnato con la polenta. Originariamente si otteneva dai residui di cagliata che debordavano dalle fascere durante la fase di formatura e che in cottura schizzavano goccioline di acqua e grasso. A lui l’onore per aver migliorato la dieta e la salute della popolazione forzatamente costretta al consumo quotidiano di polenta, che per la scarsa presenza dell’amminoacido triptofano, tanta pellagra aveva diffuso.

Dalla tradizione regionale friulana il Formai Del Cit P.A.T. è l’esempio della saggia economia contadina che da valore alle cose povere. Si macinavano avanzi e forme mal riuscite dei formaggi Latteria e Montasio (oggi si utilizzano gli stessi, freschi di stagionatura), e si impastavano con panna/latte, sale e pepe. Il formaggio a pasta molle, fresco e spalmabile ottenuto, si conservava all’interno di vasi in pietra (in dialetto friulano cit). Stessi concetti per il Formadi Frant P.A.T. di forma cilindrica e a pasta semidura derivato da forme imperfette (oggi da un mix di formaggi friulani selezionati).

Solo l’amore è più forte del Brus P.A.T. sentenzia un antico detto popolare piemontese per ricordare la potenza gustativa di un formaggio definito esplosivo tanto da richiedere la presenza di un artificiere. Si ottiene aggiungendo ai formaggi casalinghi avanzati un impasto di latte e spezie. La tumultuosa fermentazione che ne scaturisce viene successivamente bloccata con l’aggiunta di grappa o altro distillato.

Per concludere le croste. Tanto gustose, quanto fonte di dubbi circa il loro utilizzo, per ignoranza o per fame, sono sempre state considerate parte integrante del formaggio e perciò consumate. Oggi però è corretto dividere i formaggi in due categorie: a crosta edibile, oppure no. A questi ultimi appartengono quelli trattati in superficie con sostanze conservanti, e quelli la cui tecnologia (paste lavate e formaggi erborinati), può favorire l’instaurarsi di microrganismi potenzialmente pericolosi per la salute umana. Per tutti gli altri la scelta è libera: ognuno si sbizzarrisca come meglio crede per un appetitoso consumo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Inizia una nuova discussione

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *