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Centinaia di formaggi, Dop, Igp, Stg, Pat per tutti i gusti e le stagioni

di Fernando Marzillo

Vaccino o caprino, fresco o stagionato, sempre formaggio è.

Cinquanta D.O.P. due I.G.P. una S.T.G.

A seguire centinaia di formaggi non fregiati da marchi di tutela comunitari, ma registrati come P.A.T. Altri ancora, conosciuti con semplici nomi di fantasia. Questo in sintesi il patrimonio caseario italiano. Formaggi pronti ad offrirsi al consumatore in purezza, come ingredienti nelle ricette di cucina e per elevarsi a dolcezza in numerosi dolci (mascarpone docet).

Delizie per il palato non sempre gradite. Ecco allora il senso semiserio di questo contraddittorio dedicato a coloro che rifuggono dal solo odore del formaggio. Ad ogni frase una condanna pronunciata da chi non lo tollera, tra parentesi invece il gusto e la passione di chi non ne può fare a meno. Non con l’intento di fare proselitismo caseario, ma per ricordare loro che nella vita nulla o quasi nulla è definitivo: in cucina infatti ad ogni lustro si cambia gusto! Buona lettura.

Se il formaggio è fresco: mi dispiace, ma sono intollerante al lattosio. (Ideale in estate per un piatto freddo).

Se il formaggio è stagionato: mi dispiace, non riesco a digerirlo. (Lo dice la scienza: stagionatura e digeribilità viaggiano in coppia).

Se il suo colore è di un bel giallo paglierino: mamma mia chissà quanto è grasso! (Probabilmente sarà di alpeggio, lo mangio ancor più volentieri perché ricco di antiossidanti: fa bene!).

Se il suo colore è giallo pallido: Brutto e cattivo, non esistono più i formaggi di una volta. (Anche i formaggi di fossa hanno il loro fascino).

Se la crosta è edibile: no no! Va buttata. (Del formaggio non si butta via niente).

Se la crosta non è edibile: ci mancherebbe altro! Vorrei vedere il contrario. (Giusto attenersi alle disposizioni di chi lo produce).

Se è di produzione artigianale: casaro improvvisato, meglio diffidare. (Buona occasione per sostenere i piccoli produttori che lottano contro la globalizzazione. Ora e sempre resistenza casearia).

Se è di produzione industriale: chissà cosa gli mettono dentro. (Tanti e ugualmente buoni).

Se è in offerta: avrà sicuramente dei difetti. (Bene ne approfitto).

Se il suo prezzo è elevato: ma quanto vogliono guadagnare! (ne acquisto poco, non ammuffirà in frigo).

Se è di bufala: non c’è la tipologia light ? (Ottima la mozzarella).

Se è di capra: che puzza! (Digeribile e unico).

Se è di pecora: troppo grasso. (è il grasso che rende dolce la vita).

Se odora di animale: ancora… che puzza! (Certifica la sua origine).

Negli ingredienti compare la scritta caglio animale: sono vegetariano. (La storia del formaggio passa da li.)

Negli ingredienti compare la dicitura coagulante vegetale: sono fruttariano. (Tanti pecorini nell’antichità si producevano utilizzando le infiorescenze del cardo selvatico ecc. Oggi il Pecorino Toscano è l’unica D.O.P. il cui disciplinare prevede l’utilizzo anche del coagulante vegetale).        

Se ha un aroma di frutta esotica: impossibile, pura fantasia. (C’è sempre da scoprire qualcosa di nuovo).

Se devo definirlo in due parole: mi arrendo, scelgo il tofu. (La storia del latte fatta a fette).

E a Natale ? Come sostitutivo del formaggio, pronto da spolverare sul brodo, preparo un trito di mandorle, sale grosso e lievito di birra. (Il formaggio arricchisce e non sostituisce! Delizia sui tortellini in brodo di cappone).

Al prossimo lustro…

Nell’attesa… a tutti voi, appassionati o disinteressati che siate…Buon Natale.

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