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Lo Stracchino all’antica delle valli Orobiche, lo Storico Ribelle ed il Trentingrana di malga, hanno illuminato la loro vista e da li tutto è cambiato

di Fernando Marzillo

Il sipario è da poco calato sulla manifestazione internazionale dedicata ai formaggi, ma tanti sono ancora i ricordi tra coloro che l’hanno vissuta.

La conferma mi è giunta dagli amici che forse incautamente avevo invitato e che pur accettando non parevano particolarmente entusiasti. Invece giunti a Bra, sono bastati pochi passi per vederli “folgorati sulla Via dei Presidi”. Lo Stracchino all’antica delle valli orobiche, lo Storico Ribelle ed il Trentingrana di malga, hanno illuminato la loro vista e da li tutto è cambiato.

Il viaggio di ritorno si è così arricchito di borse termiche, mentre nuovi saperi hanno animato la conversazione.

Lo Stracchino all’antica non gode di alcuna parentela con l’ omonimo formaggio onnipresente sulle nostre tavole. La lavorazione che originariamente si compieva lungo il percorso di ritorno della transumanza verso valle, non poteva che essere semplice. Il latte veniva lavorato intero e crudo e nel corso della stagionatura si arricchiva e si arricchisce tuttora, di un sapore inconfondibile e di una doppia struttura della pasta: compatta/friabile al centro, cremosa nel sotto crosta.

Incomparabile per tecnologia produttiva è lo Storico Ribelle (ex Bitto Storico).

La mungitura itinerante della mandria (composta da vacche e poche capre) è manuale ed avviene direttamente sui pascoli estivi, mentre la doppia caseificazione giornaliera si compie nei calecc (strutture primitive delimitate da bassi  muretti a secco). Infine è il tempo che si prende cura del formaggio anche per dieci anni. Il prezzo d’acquisto non può che essere decisamente  elevato (anche oltre i 200 euro al Kg) e forse da alcuni non giustificato, ma è quanto meno curioso che viceversa nessuno batta ciglio se la stessa quotazione si riserva ad un vino altrettanto pregiato.

All’interno del disciplinare del Grana Padano D.O.P. appartiene (e forse pochi lo sanno), la specificità territoriale del Trentingrana D.O.P.  il quale da pochissimi anni si è arricchito della “versione”con latte di malga. Una produzione di gran valore limitata a circa un migliaio di forme all’anno, ottenuta esclusivamente nei mesi estivi. L’intensità del colore giallo paglierino, e la complessità gustativa lo rendono un formaggio inconfondibile.

Tre produzioni esemplari, tre “confetti caseari” che i miei amici riconoscono come “formaggi naturali”. Allora li sprono a partecipare ad uno specifico incontro di formazione che tratta la produzione di codesti formaggi. Tra i relatori il prof. Giampaolo Gaiarin bene illustra la questione: non solo latte crudo, ma anche benessere, igiene e alimentazione animale, rispetto dell’ambiente ed in ultimo fermenti auto prodotti. Ingredienti semplici, portatori di naturalità che fanno bene all’uomo, all’ambiente ed in grado di trasmettere forti emozioni all’assaggio. Il formaggio sarà tanto più naturale quanto più rispetterà queste condizioni e quindi la natura.

Due giorni a Cheese sono bastati per entusiasmare i miei amici: si sono incuriositi, hanno imparato, ma ora vogliono sapere di più: per esempio il perché dei difetti che a prescindere possono colpire ugualmente i formaggi naturali come quelli industriali. Una risposta esauriente richiederebbe troppo tempo, così rispondo ricordando loro che la perfezione ancora non appartiene al genere umano.

Ci sarà ancora tanto tempo per imparare… arrivederci al 2025!

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