Sei in > formaggio.it > Michele Grassi > Una buona ricotta fresca, salata, al forno o affumicata

Un’aspetto interessante che viene dalla caseificazione è la conservazione della ricotta. Come sapete la ricotta non è un formaggio, perché si ricava dal riscaldamento del siero residuo della lavorazione del formaggio, ma è un latticino.

Il siero che rimane dopo aver fatto il formaggio è ricco di sieroproteine, di pochissimo grasso perché esso è stato precedentemente intrappolato nella cagliata e quindi se ne va con il formaggio, è ricca ancora di sali minerali e di quella parte di lattosio residua.

Un alimento che, anche dal punto di vista nutrizionale, è molto interessante, molto buono e solitamente piace alla maggior parte dei consumatori.

Il casaro, una volta estratto il formaggio dalla caldaia, riscalda il siero ad alta temperatura, compresa fra gli 80 e i 90°, a seconda di molti fattori, ovvero se utilizza solo siero o siero e un po di latte o panna. Anche il latte di partenza ha la sua importanza. Infatti la ricotta è vaccina ma anche ovina e caprina, per non dimenticare la ricotta di bufala che in Campania è una D.O.P.

Alcune ricotte sono state riconosciute, come quella sopra citata, dalla CE come Denominazione di Origine per la loro storia secolare e per le loro caratteristiche di mantenimento, vuoi con il sale vuoi con il fumo.

Per ricordarne alcune, la Ricotta Romana D.O.P. da siero di latte di pecora, la ricotta affumicata P.A.T. tipica delle montagne venete. Quest’ultima è caratterizzata appunto dall’affumicatura che solitamente avviene con la combustione di rami di larice o abete o, anche, con legno di faggio.

I vari modi di preservare questo eccellente latticino sono tipici della zona di origine, Ovviamente in Sicilia è utilizzato il sale mentre sulle Dolomiti il legname, presente in abbondanza. Ogni sorta di azione che serve a conservare la ricotta è un sistema per non farla deperire, per non gettarla via.

Ma dalle usanze tradizionali, oltre al prodotto fresco che è sempre da apprezzare, che è anche economia per i nostri caseifici, si impara che l’uomo, nel suo istinto di sopravvivenza, aggiunge anche la bella abitudine, è auspicabile sempre, di rispettare ciò che la natura gli riserva anche dopo aver già fatto un formaggio che è certamente il primo oggetto del suo interesse.

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