Sei in > formaggio.it > News > Economy > Produzione latte: crescono tutti, l’Italia crolla

Francia, Regno Unito e Irlanda crescono del 7%. Da noi, invece, in giugno c’è stato il tonfo: riduzione di oltre 850mila tonnellate rispetto al 2013

In attesa del primo aprile 2015, quando le quote latte non ci saranno più e ogni Paese sarà libero di produrre quanto latte vuole, nella Ue si sta spingendo sull’acceleratore della quantità. Atteggiamento discutibile, perché in futuro un eventuale esubero sulle quantità prodotte sino a quel momento dovrà comunque fare i conti con i vincoli produttivi imposti da Bruxelles, pena nuove multe. E non si potrà neppure ricorrere all’escamotage di affittare o comprare quote, come avveniva in passato, perché acquisti e affitti di quote potrebbero non servire per la campagna in corso, ma solo per quella successiva, che però non avrà vincoli di quote. Insomma, c’è un po’ di confusione…

D’altronde, che la spinta produttiva sia già in atto lo dicono i primi numeri resi noti dalla Commissione Ue sulle produzioni di aprile e maggio. L’aumento complessivo nei 28 paesi della Ue è del 5,7%, per un totale di 26,3 milioni di tonnellate di latte, ovvero 1,4 milioni di tonnellate in più rispetto allo stesso periodo del 2013. In maggio, poi, si è toccato il top, con un aumento del 4,4% rispetto al maggio 2013.

Le nazioni che hanno prodotto di più in maggio sono state Francia, Regno Unito e Irlanda, tutte con crescite superiori al 7%. Anche la Germania, fra i nostri principali fornitori, è in crescita, seppure in misura più modesta (+2,3% nel periodo aprile maggio). In Italia, invece, la tendenza è opposta.
La campagna lattiera era iniziata con un leggero aumento in aprile (16 mila tonnellate in più) e un’impennata in maggio (quasi 24mila). Ma in giugno, stando alle rilevazioni del Sian (il sistema informativo agricolo di Agea) sul latte “rettificato”,  la produzione sarebbe crollata, con una riduzione di oltre 850mila tonnellate rispetto allo stesso mese del 2013. Un calo enorme, paradossale, che, se confermato, denuncerebbe una fragilità della nostra zootecnia da latte.

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