L’editoriale / Mozzarella adulterata, una storia che insegna
Il Consorzio aveva già espulso l’azienda coinvolta. Che però continuava a produrre col marchio Dop. Perché il ministero competente non l’ha fermata?
di Giovanni Bertizzolo
Non ne aveva bisogno. La Mozzarella di Bufala campana Dop dell’ennesimo scandalo non ne aveva bisogno. Così come del caseario italiano. Nella sua recidiva scelleratezza, la storia giudiziaria del caseificio Cantile di Sparanise (Caserta), che ha portato all’arresto di 13 persone, titolari compresi, con l’accusa di aver adulterato la Mozzarella di Bufala campana Dop, utilizzando per la sua produzione anche latte vaccino di provenienza estera, in violazione del Disciplinare, insegna che i controlli e le misure cautelative non solo esistono, ma vengono applicate. E chi fa il furbo viene pescato. Salvo poi trovare scappatoie.
Lo ha spiegato lo stesso direttore (dimissionario) del Consorzio, Antonio Lucisano: “L’azienda Cantile non è più socia del Consorzio di tutela della Mozzarella di Bufala campana Dop già da due anni. Ha comunque potuto continuare a utilizzare il marchio Dop perché il ministero della Politiche agricole, cui compete il potere di vietare l’uso del marchio, non ha ancora deciso in merito”.
E aggiunge: “L’espulsione di Cantile dal Consorzio, avvenuta nel 2012, venne presa all’unanimità dopo le segnalazioni di carabinieri, corpo forestale e Asl circa le irregolarità dell’azienda nella lavorazione della Mozzarella di bufala Dop. Il verbale con la delibera fu inviato a Roma, ma da allora non abbiamo saputo più nulla. E oggi ci troviamo di fronte a un’inchiesta che getta sospetti su un settore così importante, sebbene ancora una volta il sistema dei controlli abbia funzionato”.
Resta da chiedersi perché sono passati due anni e un’azienda segnalata per le irregolarità ha continuato a mettere in commercio prodotti contrassegnati da denominazione. Procurando danni evidenti al consumatore.
O forse il ministero competente con il suo silenzio una risposta l’aveva già data?