Sei in > formaggio.it > News > Economy > L’Editoriale / E dopo le quote latte, puntiamo forte sui formaggi

Il momento storico è propizio per impostare nuove progettualità. Al centro dell’idea ci deve essere il produttore, appoggiato da strategie

di Giovanni Bertizzolo

La scadenza si avvicina. Da aprile 2015 in Europa il regime delle quote latte non varrà più. Un fatto che viene da più parti considerato rivoluzionario per un settore caratterizzato, da oltre un trentennio, da una forte regolamentazione produttiva. Le quote, decise in origine per mantenere una politica di sostegno al settore evitando sovrapproduzioni, hanno, dalla fine degli anni Ottanta, di fatto bloccato le produzioni nazionali provocando forti squilibri tra i diversi Paesi. In Italia questa regolamentazione ha generato errori di gestione, conseguenti indagini della magistratura, multe salatissime da pagare alle casse comunitarie. Problemi d’attualità tutt’oggi.

L’eliminazione del regime delle quote arriva in un momento difficile per il settore, con una tendenziale crescita dell’export, soprattutto di formaggi e prodotti caseari, specie nei nuovi mercati, ma accompagnata da una sensibile volatilità dei prezzi. In Europa si prevede una crescita delle produzioni di latte (poco meno del 2% l’anno), che toccheranno nel 2020 i 150 milioni di tonnellate, ma anche forti squilibri tra i Paesi produttori, col rischio di un forte aumento della competitività e di una crescita concentrata principalmente nel Nord Europa.

La fine delle quote latte è un’occasione importante per l’Italia, Paese non autosufficiente (importiamo quasi il 40% del latte che utilizziamo e consumiamo), ma anche produttore ed esportatore di formaggi di assoluta qualità, dunque fortemente esposto al fenomeno dell’italian sounding e della contraffazione. Siamo d’accordo con chi auspica, in primis, una stabilità del settore definendo un prezzo del latte con un contratto semestrale o, al massimo, quadrimestrale, al fine di consentire agli allevatori di poter avviare la programmazione a medio termine. Per questo il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha aperto un tavolo di confronto che dovrebbe dare risultati tanto attesi dal mondo agricolo.

Occorre, quindi, andare oltre le “quote”. Ma cosa presuppone ciò? Quali sono i progetti, le idee sulle quali si sta lavorando? Il tema è più che mai d’attualità e nella settimana appena trascorsa è stato trattato da più visuali in un convegno a Mantova che ha visto intervenire diversi protagonisti della discussione in atto. C’è chi, come Dino Scanavino, presidente della Cia, Confederazione italiana agricoltoriipotizza un passaggio dal sistema delle quote a uno autoregolamentato ed autodisciplinato dal mondo produttivo. Dando vita a un progetto strategico che punti sulla crescita della competitività attraverso l’innovazione e l’organizzazione della filiera, tanto da permettere al comparto di espandersi sui nuovi mercati internazionali.

Scanavino, per altro, identifica un settore nel quale puntare forte, quello dei formaggi a denominazione di origine, che oggi fatturano oltre 4 miliardi di euro, di cui ben 1,5 realizzati sui mercati esteri. Il pacchetto latte integrato nel Regolamento Ue 1308/2013, permette, come richiesto dalle organizzazioni, la programmazione delle produzioni da parte dei Consorzi. Ma sono necessarie strategie aggressive che guardino ai mercati in espansione e siano sostenute da efficaci campagne di promozione ed educazione alimentare.

Attualmente, su una quarantina di prodotti Dop e Igp, il fatturato è concentrato principalmente su Parmigiano Reggiano Grana Padano, che rappresentano in valore più dell’80% dell’intero settore. Parallelamente, anche per il latte fresco e i prodotti caseari non a denominazione è necessario avviare una nuova stagione di relazioni interprofessionali che sfoci in uno strumento efficace ed autorevole (come previsto dalla regolamentazione comunitaria e già esistente in altri Paesi) che abbia la forza di regolamentare il mercato e favorire buone pratiche contrattuali. Il rafforzamento della filiera necessita anche di un potenziamento dell’aggregazione del prodotto con la creazione o lo sviluppo di organizzazioni di produttori di dimensioni adeguate e di progetti commerciali efficaci. In poche parole, tutto verte sul riportare il produttore al centro della tematica.
Il progetto è indubbiamente interessante. Ma siccome ci piace la concretezza, ci domandiamo: da dove salterà fuori la copertura economica per fare tutto questo? Contiamo su un’evoluzione del progetto.

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