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Bloccati interi container di Grana Padano. Coldiretti ipotizza mancati introiti per 45 milioni. La preoccupazione dei Consorzi: “Mercato strategico”

Gli effetti dell’embargo imposto (da ieri) dalla Russia ai prodotti agroalimentari italiani iniziano a farsi sentire. Soprattutto per i nostri formaggi, dato che la Russia è il principale mercato di sbocco dell’Europa dell’Est.  In questi giorni, infatti, stati bloccati interi container di Grana Padano. E siamo solo all’inizio delle conseguenze della decisione della Russia di limitare o bloccare con decreto anche per un anno le importazioni agricole dai Paesi che hanno adottato sanzioni contro Mosca in risposta al conflitto in Ucraina, con una lista di prodotti che comprende latte e latticini provenienti da Ue, Usa, Norvegia, Australia e Canada.

“Si tratta di un brusco freno alla crescente domanda di Made in Italy sulle tavole dei cittadini dell’ex impero sovietico – segnala la Coldiretti -. Cittadini che avevano cominciato ad apprezzare le specialità nazionali come il Parmigiano Reggiano e il Grano Padano, le cui esportazioni sono cresciute a due cifre. In particolare, a rischio ci sono latte, formaggi e derivati per 45 milioni di euro”.
Se i danni diretti per il Made in Italy agroalimentare sono stimabili dalla Coldiretti attorno ai 200 milioni di euro, pesanti sono anche quelli indiretti, con l’Italia che potrebbe diventare mercato di sbocco di quei prodotti comunitari ed extracomunitari ora rifiutati dalla Russia che rischiano di essere spacciati come Made in Italy perché non è sempre obbligatorio indicare la provenienza in etichetta.

“Noi sappiamo di essere nella lista da alcuni mesi. Da febbraio questa vicenda aveva già prodotto una sorta di reazione da parte della Russia e c’era un’attenzione negativa verso i prodotti che arrivavano dai Paesi che avevano determinato un richiamo al comportamento della Russia verso gli avvenimenti dell’Ucraina”. Così, all’agenzia Ansa, il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Giuseppe Alai.
Alai ricorda che nel 2013 (ultimo dato disponibile) l’export di Parmigiano Reggiano in Russia ha toccato le 10.800 forme (con una crescita sul 2012 del 16%), per 5,8 milioni di euro di fatturato. E ora “la contrazione avrà una ricaduta in termini quasi completi secondo noi”.

Due anni fa la produzione complessiva di forme del re dei formaggi è stata di 3.279.156 forme. Si tratta quindi di una quota minore di produzione, ma la Russia è uno di quei mercati esteri su cui il Consorzio ha fondato la sua strategia futura, che appunto ipotizza di vendere all’estero il 50% della produzione entro il 2020.
“In Russia c’era arrivato questo segnale: una sorta di silenzioso e non ufficializzato atteggiamento negativo verso i nostri prodotti. Ora non abbiamo la possibilità di reagire se non attraverso la diplomazia internazionale”.
Al governo il Consorzio chiede “di riuscire a sbloccare la situazione, o essere conseguenti: la Russia è un Paese che esporta anche: in un caso come questo penso sia giusto ripensare l’import-export nella sua complessità”.

Sulla stessa lunghezza d’onda è Stefano Berni, direttore generale del Consorzio Grana Padano, il formaggio Dop più consumato del mondo con 4,5 milioni di forme l’anno.
“E’ una sanzione per noi assai pesante. Stiamo investendo da anni in Russia, con eccellenti risultati in termini di consumi, e corriamo il rischio di vedere svanire in un attimo questi sforzi economici e organizzativi che stiamo sostenendo da parecchio tempo. Quello che oltretutto stupisce è il fatto di come l’embargo colpisca i prodotti alimentari e non altri segmenti quale ad esempio quello delle automobili. È chiaro che questo provvedimento penalizza in modo rilevante l’Italia, assieme alla Francia. Forse è un tentativo di colpire gli anelli più deboli del sistema Ue e sfumare iniziative a danno dei Paesi più forti come la Germania? È inammissibile che ancora una volta l’Italia sia trattata da Cenerentola della Ue”.

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